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Home » Economia e Finanza » CRAC ITALIA(?)/ 1. Economides (NYU): così la Grecia può far affondare l’Italia

  • Economia e Finanza

CRAC ITALIA(?)/ 1. Economides (NYU): così la Grecia può far affondare l’Italia

Int. Nicholas Economides
Pubblicato 4 Novembre 2011
papandreou_ppianoR400

George Papandreou, Primo ministro della Grecia (Ansa)

NICHOLAS ECONOMIDES, economista greco della New York University, ci spiega perché l’Italia è messa a rischio dalle scelte dell’Ue e dal destino di Atene

«Un eventuale fallimento della Grecia rischia di travolgere non solo Atene, ma la stessa economia dell’Italia e del mondo. L’Europa è l’epicentro della crisi mondiale, per colpa della debolezza delle sue istituzioni e dello scarso spessore dei suoi politici. L’unica soluzione per evitare il peggio è aumentare il fondo salva-Stati a 5.000 miliardi di euro». Intervistato da ilsussidiario.net, Nicholas Economides, professore di Economia alla New York University e consulente per la US Federal Trade Commission, sottolinea che «i leader dell’Ue hanno fatto finta che la crisi fosse meno grave di quanto essa è realmente». E anche se il referendum in Grecia alla fine non si farà, questo non rende meno urgenti interventi drastici da parte dell’Ue.


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Un no della Grecia al piano degli aiuti avrebbe l’effetto di dissolvere l’Eurozona?

No, ma la Grecia andrebbe incontro a un grave default e ci sarebbe una pesante pressione su Italia e Spagna. L’Unione europea deve immettere nell’Efsf (il fondo salva-Stati, ndr) fondi sufficienti per salvare, se necessario, sia l’Italia che la Spagna. I leader dell’Ue hanno fatto finta che la crisi fosse meno grave di quanto essa è realmente, “menando il can per l’aia” nella speranza che la crisi si risolvesse da sola. La politica di un Efsf limitato e la rinuncia a un intervento pesante della Bce sono catastrofici per l’euro e occorre un immediato ripensamento. Se l’Ue aspetta il default della Grecia per prendere le misure idonee, allora diventerà difficile salvare l’euro.


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La situazione in Grecia è peggiore di quanto il governo di Atene ci ha fatto sapere finora?

Sì. Il governo greco si è dimostrato riluttante nel difendere la legge. Piccoli gruppi (un centinaio di persone) hanno “occupato” nelle scorse settimane vari ministeri, impedendo ai dipendenti di lavorare. La ripetizione di scioperi in diversi settori chiave, ambulanze e trasporti pubblici inclusi, li ha resi così frequenti che la lista degli “scioperi di oggi” è diventata la rubrica più importante dei quotidiani. Ancora peggio, il governo e la polizia sono stati incapaci di arrestare, o non hanno voluto farlo, qualche migliaio di incappucciati “anarchici”, che hanno provocato ingenti danni in ogni manifestazione. Il governo è in larga parte responsabile della discesa della Grecia nel caos.


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Per Obama, la crisi dell’Eurozona ha la priorità nel G20, ma il debito pubblico in Europa è più basso che negli Stati Uniti. Ritiene che l’epicentro della crisi sia veramente in Europa?

L’epicentro della crisi è in Europa. Il problema è che le istituzioni dell’Ue non sono mature per affrontare una crisi di queste dimensioni. Ciò potrebbe essere compensato dalla presenza di brillanti politici. Sfortunatamente, non c’è oggi neppure un solo politico nell’Ue che abbia la statura dei leader europei che fondarono l’Unione europea. Se le cose continuano così, gli Usa diventeranno i “prestatori di ultima istanza”, coprendo i debiti che l’Ue non riuscirà a pagare. Come nel 2008, agli Usa verrà chiesto di prestare denaro alle banche dell’Ue, e questo rappresenterà di fatto il fallimento dell’Eurozona nel tentativo di agire con responsabilità.


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Quali misure dovrebbero essere prese dal G20 per rispondere alla crisi finanziaria?

 

L’Unione europea deve aumentare i fondi dell’Efsf fino a 5.000 miliardi di euro. Con questo importo si possono garantire Italia e Spagna. L’aumento dei fondi deve essere fatto con soldi dell’Unione: il progetto di ottenere denaro da altri Paesi, come la Cina, è ridicolo. Anche il progetto di aumentare il finanziamento pubblico immettendo soldi di privati in un veicolo di investimento speciale (Siv) è estremamente pericoloso e dovrebbe essere definitivamente accantonato. Supponiamo che venga creato un Efsf Siv e che, per esempio, vi sia una crisi in Italia e il denaro del veicolo venga usato per sostenere l’Italia. Gli investitori privati nell’Efsf Siv subirebbero perdite che trasmetterebbero alle loro controparti, rendendo la crisi italiana una crisi mondiale.


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Per quale motivo l’ipotesi di un referendum in Grecia, la più antica democrazia al mondo, ha sollevato tanta preoccupazione?

I referendum non sono una prassi abituale in Grecia. L’ultimo si è tenuto nel 1975 e la domanda era se la Grecia dovesse essere una monarchia e il re Costantino dovesse tornare dall’esilio. Quindi, i greci non sono così abituati ai referendum. In più, nell’ultimo dopoguerra si sono avuti tre referendum con brogli, due indetti dalla dittatura dei colonnelli di Papadopoulos dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ‘70 e uno nel 1946, a seguito del quale il re tornò in Patria. Il punto importante è che i referendum vanno bene se fatti con una domanda semplice e molto specifica, come “re sì o re no”. Quello proposto in Grecia dava luogo ad almeno quattro interpretazioni.


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Quali?

1. pro Europa o anti Europa; 2. pro euro o anti euro; 3. appoggio o rifiuto dell’haircut (il taglio del debito, ndr) e di tutto ciò che deriva dal nuovo accordo sui prestiti alla Grecia; 4. appoggio o meno al modo con cui l’attuale governo sta affrontando la crisi. Tutti questi temi potrebbero essere trattati in maniera molto più adeguata attraverso una discussione parlamentare.

 

Lei è favorevole al piano di salvataggio Ue della Grecia?

 

Personalmente appoggio senz’altro il taglio del debito greco e l’ho pubblicamente proposto già più di un anno fa. Non tutti gli aspetti dell’accordo sono ancora noti, ma, in via generale, concordo con ogni iniziativa per ridurre il deficit del settore pubblico. Dall’altro lato, l’attuale governo è stato del tutto incapace di ridurre l’evasione fiscale e la spesa pubblica. Quindi non posso sostenere le sue politiche. Come ho spiegato prima, il problema è che il “sì” o il “no” nel referendum sarebbe potuto essere interpretato in modi controversi. Come avrebbe votato uno che approva l’accordo, ma non le azioni politiche del governo, che pensa possano avere alternative di gran lunga migliori?

 

(Pietro Vernizzi)

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