Una boccata d’ossigeno per Unicredit, da settimane vittima degli speculatori, che però cresce soprattutto nei Paesi del Centro Europa mentre in Italia continua a risentire dell’economia nazionale in affanno. E’ quanto emerge dalla pubblicazione dei risultati consolidati del primo semestre 2011 del gruppo bancario guidato da Francesco Ghizzoni. I risultati sono leggermente superiori rispetto alle stime degli analisti (il cosiddetto «consensus») con un utile netto di pertinenza di 1.321 miliardi, quasi raddoppiato rispetto ai 669 milioni del primo semestre 2010 (+97,5%). Ma all’interno di questa tendenza occorre distinguere per aree geografiche. Unicredit è presente in Italia, Germania, Austria, Polonia, diversi Paesi dell’Europa centro-orientale e Turchia. E la crescita del Pil nel primo semestre 2011 è stata molto positiva in Germania, mentre in Italia è stata pari a meno della metà rispetto all’economia tedesca. Non stupisce quindi che nel secondo trimestre 2011 Unicredit abbia registrato un profitto operativo netto rispetto al primo trimestre che è del +57% in Germania e, al contrario, del -24% in Italia. Con un andamento che continua invece a essere positivo in Paesi come la Polonia. Gli indici patrimoniali sono in leggero miglioramento, in particolare il core Tier 1 è al 9,12%.
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E l’organico rispetto al giugno 2010 è diminuito di 1.295 dipendenti su circa 160mila, anche perché gli sportelli meno performanti o situati in zone periferiche sono stati chiusi o accorpati. I costi rispetto all’anno scorso sono rimasti sostanzialmente stabili, crescendo dello 0,5% cioè meno dell’inflazione: un dato che evidenzia l’efficienza di Unicredit. I ricavi hanno raggiunto quota 13,38 miliardi nel semestre (+16%) e 6,45 miliardi nel secondo trimestre (+0,3%) contro 6,48 miliardi nel consensus. Ma soprattutto nel secondo trimestre le rettifiche su crediti sono scese del 23,4% rispetto all’anno scorso e questa sostanzialmente è un’indicazione del fatto che l’economia sta migliorando, almeno nei Paesi europei dove è presente Unicredit. Le rettifiche sui crediti sono infatti direttamente proporzionali al numero dei debitori che non pagano entro il termine stabilito. Quando l’economia va male, la loro percentuale cresce, e quindi un certo numero di questi crediti non è pagato. Quindi la banca rettifica questi crediti subendo delle perdite. Se io ho prestato cento lire a cento persone e cinque persone non mi restituiscono i soldi, sostanzialmente a conto economico devo mettere meno cinque. La frequenza con cui si presenta la rettifica su crediti è una conseguenza dello stato dell’economia.
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Più l’economia va bene, più la gente mi paga. Più l’economia va male più c’è qualcuno che non riesce a pagarmi. Per cui il fatto che le rettifiche su crediti siano diminuite sostanzialmente significa che nel corso del secondo trimestre le cose sono migliorate rispetto al secondo trimestre dell’anno scorso. Anche in questo caso però il miglioramento è stato in Austria e in Germania, mentre in Italia c’è stata una stabilizzazione. Il fatto stesso che Unicredit sia una banca italiana, spiega moltissimo della performance del titolo. Ci sono quindi due problemi: il debito italiano detenuto da Unicredit e il fatto che siccome Unicredit sta in Italia, se le cose vanno male nel nostro Paese va male anche Unicredit perché è dipendente dallo stato dell’economia italiana. Infine il titolo in Borsa ha reagito bene, ma non perché i risultati siano buoni, bensì come effetto del rimbalzo del mercato italiano, poi rientrato, con Unicredit che ha rimbalzato di più del mercato. Non c’è quindi una correlazione diretta tra i risultati del secondo quarter di Unicredit e il suo andamento in Borsa.
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(Pietro Vernizzi)