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Home » Economia e Finanza » GEOFINANZA/ 2. Lo “schiaffo” alla Merkel cambia le strategie dell’Europa

  • Economia e Finanza

GEOFINANZA/ 2. Lo “schiaffo” alla Merkel cambia le strategie dell’Europa

James Charles Livermore
Pubblicato 10 Febbraio 2012
BceR400_4ott10

Foto Imagoeconomica

Mentre la Germania punta sul rigore e su un’unione fiscale, per cercare di tamponare la crisi la Bce ha messo in campo una nuova strategia. L’analisi di JAMES CHARLES LIVERMORE

Mentre in quel di Bruxelles i tecnici si arrovellano sulle conseguenze dell’accordo fiscale europeo, l’attenzione degli operatori finanziari, purtroppo per gli alacri tributaristi, è sempre più focalizzata sulle mosse della Bce. Con un annuncio tra i meno attesi dagli inizi della crisi, l’8 dicembre 2011 il presidente Draghi ha dichiarato l’intenzione di supportare il credito bancario attraverso iniezioni di liquidità. Le operazioni rientrano nell’ambito dei rifinanziamenti a lungo termine da sempre offerti dalla Bce, le cosiddette Long Term Refinancing Operations (Ltro), ma c’è una novità: le operazioni del 20 dicembre 2011 e del 28 febbraio 2012 prevedono finanziamenti a tre anni, in luogo dei soliti tre mesi.


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L’appuntamento di dicembre si è concluso con erogazioni di liquidità per 489,2 miliardi di euro, delle quali hanno beneficiato 523 banche europee. È quindi naturale che per le Ltro del 28 febbraio le aspettative degli operatori montino e che da più parti ci si attenda una partecipazione ancora più sostanziosa. Per chi desideri approfondire le implicazioni di queste nuove Ltro, segnalo qui di seguito tre spunti.


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Il primo, e più importante, è che tali operazioni stanno rimettendo insieme i cocci dell’Unione europea. E ci stanno riuscendo con efficacia ben maggiore dei sempre più frequenti summit europei. La ragione è semplice: la rottura dell’Eurozona si è consumata sui mercati del debito e lì deve essere ricomposta.

A titolo esplicativo, prendiamo il debito pubblico di Italia, Portogallo, Spagna e Irlanda e, assecondando una moda ricorrente, rinominiamo questi quattro paesi sulla base delle loro iniziali, gli Ipsi. Per tutto il 2006, il rendimento medio a dieci anni del debito Ipsi è stato pari al 3,87%. Quello stesso anno, un titolo tedesco a dieci anni pagava in media il 3,78%, con uno spread tra Germania e Ipsi approssimabile allo zero. A fine 2011 lo stesso spread marca un divario di circa il 6,5% e scende sotto i sei punti percentuali in quel trimestre solo l’8 dicembre 2011, giorno dell’annuncio Ltro. I tassi si riavvicinano perché le banche possono rifinanziare i propri titoli di Stato attraverso le Ltro e sono quindi incentivate ad aumentarne l’acquisto in vista delle operazioni Bce a venire. E all’aumentare della richiesta di debito pubblico, il rendimento scende (e i differenziali si riassorbono).


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Il secondo spunto riguarda il rovescio della medaglia. I critici delle Ltro tuonano contro la Bce per aver messo le banche in condizione di incassare un profitto senza necessariamente agevolare il credito all’impresa. In gergo si chiama “carry trade” e significa indebitarsi a tassi bassi per poi impiegare la raccolta in titoli con cedola superiore. Il carry trade storico consiste nell’indebitarsi in yen giapponesi per investire in certificati del tesoro Usa, mentre nel nostro caso le banche europee si indebitano in euro all’1% per investire in titoli di Stato capaci di pagare oltre il 5% annuo.


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Prima di indignarsi, però, bisogna risolvere un rompicapo. L’ala rigorista a trazione tedesca rifiuta categoricamente un intervento della Bce a favore degli Stati membri in difficoltà. Ma senza un riallineamento degli spread europei, un’unica soluzione di rigore non può andare bene per tutti. A rompere il nodo di Gorgia dell’euro ci ha pensato la Bce: le Ltro a tre anni offrono una, l’unica al momento, soluzione di lungo periodo, in cui un’istituzione europea prende in controtempo i mercati e a fronte di un’emergenza senza precedenti mette sul tavolo un’operazione di tesoreria a 36 mesi. È presto per tracciare un bilancio, ma la sfida, ambiziosa, è di contrapporre credibilità al panico.


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E qui il terzo e ultimo spunto. Nel solo mese di dicembre la cancelliera Merkel ha rilasciato undici dichiarazioni sull’Unione europea, più di una ogni tre giorni. A questa raffica di annunci è seguito un vago accordo di unione fiscale e un altro giro di quei buoni propositi che dai tempi di Maastricht segnano il percorso dell’Unione. Nulla di nuovo, insomma, né a Berlino e tantomeno a Bruxelles. La novità allora è che l’attenzione si sposta sulle mosse della Bce, mentre le proposte iper-rigoriste passano dalla dannosità all’irrilevanza.


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