“La crisi del 2008 si ripeterà ancora perché non sono state prese misure efficaci per risolvere i problemi alla radice. Un ripetersi di quanto avvenuto cinque anni fa porterà migliaia di persone in piazza in segno di protesta contro l’intreccio tra banche e politica”. A spiegarlo in un’intervista a ilsussidiario.net è Lorenz Wagner, giornalista della Suddeutsche Zeitung Magazin che ha firmato un reportage insieme ad Alexander Hageleuken pubblicato con il titolo “Non cantate vittoria”. Il pericolo per l’intera economia globale è individuato da Wagner “nei sistemi economico-politici di America e Regno Unito, dove le banche sono la principale industria del Paese e dunque i governi si rifiutano di introdurre regole rigorose per il timore di strangolare la crescita del settore finanziario”.
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E’ corretto dire che la crisi non è ancora passata, anzi può tornare ancora peggiore perché nulla è cambiato rispetto al 2008?
Sì. Alcuni cambiamenti ci sono stati, come l’introduzione di regole differenti e diversi tentativi per evitare un ripetersi della crisi. Non si è trovata però una soluzione per il problema più importante, cioè per la questione del “too big to fail”. Rispetto a cinque anni fa, oggi abbiamo delle banche ancora più grandi e ci sono numerosi altri problemi che non sono ancora stati risolti. I cambiamenti sono avvenuti soltanto in superficie, non c’è stato un reale cambiamento di mentalità e i problemi del sistema bancario sono ancora tutti immutati.
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La responsabilità è solo delle banche o anche della politica?
La responsabilità è innanzitutto della politica, perché tutto ciò che hanno fatto i banchieri è stato legale. La politica ha dato alle banche la scommettere con prodotti finanziari che hanno creato dei rischi per i risparmiatori. I banchieri hanno quindi lucrato comportandosi in un modo che non approvo, ma muovendosi pur sempre all’interno di margini che qualcuno aveva consentito loro. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti le banche sono la principale industria del Paese, e i rispettivi governi temono di stabilire delle regole troppo rigide e di ridurne i margini di guadagno perché in questo modo bloccherebbero l’intera economia nazionale. L’Inghilterra è infatti sostanzialmente priva di un’industria dell’auto, della moda e della chimica. Nel 2008 l’allora premier inglese Gordon Brown ha affermato che avrebbe risolto i problemi e ripulito le banche, ma di fatto ciò non è mai avvenuto.
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E’ davvero possibile lasciar fallire le banche senza mettere a repentaglio l’intera economia?
Sì, è possibile. Una determinata banca privata chiude la domenica sera e il lunedì mattina successivo riapre come una banca pubblica. I correntisti in questo modo non perdono il loro denaro, ma chi paga di tasca propria per la chiusura della banca sono gli azionisti e il management. Chi sceglie di far correre determinati rischi a un istituto di credito deve quindi sapere che in caso di bancarotta pagherà il conto, mentre la gente comune è comunque al sicuro. Il punto è che i governi di Regno Unito e Stati Uniti non sono disposti a consentire il fallimento di una grande banca, perché temono troppo le possibili conseguenze.
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Se si dovesse ripetere una nuova crisi come quella del 2008,le istituzioni democratiche del mondo occidentale sarebbero messe a rischio?
Certamente sì. La gente non riuscirebbe a comprendere se dovesse ripetersi il salvataggio delle banche da parte dei governi. Il fatto di utilizzare così tanto denaro pubblico non sarebbe percepito come giusto, perché a beneficiarne sarebbero i manager delle banche, che già di per sé sono molto ricchi e che per di più hanno creato gravi problemi per l’economia. Le conseguenze per l’occupazione e per il debito pubblico farebbero sì che migliaia di persone passerebbero con l’opposizione e scenderebbero in piazza in segno di protesta.
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(Pietro Vernizzi)