SPILLO/ Quei derivati scomodi per Padoan e Draghi
La Corte dei Conti ritiene contesta l’operato dei dirigenti del Tesoro sulla vicenda dei derivati sul debito pubblico italiano. Il commento di GIANFRANCO D’ATRI

Il re è nudo: la contestazione formalmente mossa dalla Corte dei Conti ai direttori del Tesoro, Cannata, LaVia, Grilli, Siniscalco, e alla Morgan Stanley, per aver sottoscritto un contratto derivato capestro per le casse dello Stato, dimostra con che modalità l’interesse pubblico non sia stato tutelato dai soggetti apicali che nel tempo hanno gestito l’indebitamento dello Stato. La commistione decisionale pubblico-privata nelle scelte finanziarie è stata pienamente dimostrata, almeno in questo caso, dagli accertamenti effettuati dai procuratori che hanno formalizzato le contestazioni nei giorni scorsi, dopo aver valutato le spiegazioni fornite dagli interessati. La fase difensiva degli indagati è ancora in corso e sulla loro effettiva responsabilità contabile non possiamo esprimere un giudizio. Ma, in questo caso, non possiamo neppure esprimere l’auspicio che venga dimostrata la loro innocenza: se condannata, Morgan Stanley dovrà rifondere circa 3 miliardi di euro al bilancio statale, cifra che corrisponde a due anni di reddito di inclusione per 400 mila famiglie.
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