Quello che era stato indicato come “il giorno del giudizio” è passato, ma Standard & Poor’s non ha declassato l’Italia come si pensava, pur avendo cambiando da stabile a negativo il suo outlook. Alla riapertura dei mercati è improbabile vedere particolari effetti negativi sui Btp. Tuttavia, “chi specula o meglio chi scappa dai titoli italiani, lo fa perché sa che il vero rischio risiede nella divergenza dagli accordi europei e nella confrontation continua con i leaders di Bruxelles e Francoforte”, ci dice Chris Foster, esperto di mercati finanziari, che in questa intervista ci spiega anche quale sia la vera misura che le istituzioni europee vogliono dall’Italia.
Rispetto alla sua precedente intervista, in cui aveva spiegato perché non comprerebbe Btp, la situazione non è migliorata, tuttavia nemmeno i giudizi delle agenzie di rating sembrano aver dato il via al sell-off, all’attacco visto nel 2011… Si sta aspettando il momento propizio della fine del Qe?
La fine del Qe non è un precipizio, visto che già ora i mercati la scontano. Il Qe ha obiettivi di politica monetaria e non è concepito per prevenire attacchi speculativi di credito o impedirli nel caso dei paesi deboli come l’Italia. Ciò che ha aiutato l’Italia e verrà a mancare è la certezza di un flusso di acquisti costanti e rilevanti nel tempo. Sapendo che c’è un “natural buyer” sul mercato, la Bce, la scommessa al ribasso è meno interessante, ma non impossibile. Senza Qe mancherà una rete naturale di protezione, ma non c’è un abisso dietro l’angolo.
Proviamo a immaginare uno scenario estremo simile a quello del 2011-2012: di fronte alla fiammata dello spread arriva un Governo “tecnico” o “di responsabilità”, e viene varata una manovra che accontenta l’Europa: potremmo poi dire che il problema europeo è risolto? Gli “speculatori” non avrebbero comunque un’occasione ravvicinata (le elezioni di maggio) per scommettere sulla fine del progetto europeo?
Io credo che un rating di BBB come appena affermato da Standard & Poor’s già rappresenti negativamente molti scenari possibili, incluse elezioni europee che ribaltano alcuni equilibri preesistenti in Europa. A pochi interessa davvero la sostenibilità finanziaria del debito su 10-15 anni. Chi specula o meglio chi scappa dai titoli italiani, lo fa perché sa che il vero rischio risiede nella divergenza dagli accordi europei e nella “confrontation” continua con i leaders di Bruxelles e Francoforte. Con la conseguenza che un Paese come l’Italia è di fatto sotto ricatto della politica oltre che dei mercati.
Sarebbe a dire?
I mercati reagiscono in modo strutturale ai problemi di seria divergenza da standard europei, non alle dichiarazioni quotidiane del governo italiano, le quali generano soprattutto confusione per la loro sconcertante banalità, incongruenza e superficialità. Quindi agli investitori interessa soprattutto come Bruxelles e Bce reagiscono alle sparate italiane. A scanso di equivoci, preferirei ribadire: la speculazione nel caso italiano è in buona parte amplificata dal caos comunicativo del governo e dall’assoluta assenza di basi economiche di ogni affermazione dei due leader della coalizione. Inoltre la fuga dai Btp di investitori stranieri e non, che vedono un avvicinamento del “non investment grade” (cioè un gradino sotto BBB-) è definibile speculazione o è frutto di una strategia di miglioramento del proprio portafoglio? Forse non tutti i venditori “speculano”. Comprereste le obbligazioni di un’azienda che ha un executive committee composto dai membri del governo italiano e con un regulator del proprio business tanto ostile quanto la Commissione europea? Anche una azienda sanissima verrebbe penalizzata da tale situazione.
Cosa succederebbe sui mercati se si arrivasse a un accordo tra questo Governo e l’Europa o se invece non si arrivasse a tale accordo?
I Btp oggi vengono trattati come un prodotto di credito e non come “risk free sovereign”. Ogni forma di accordo anche al ribasso alleggerirebbe la pressione che oggi si traduce in tassi eccessivi rispetto a paesi come Francia e Spagna. Vorrebbe dire un calo dello spread molto importante, verso 200 punti base. Unico vero caveat: ci sono elevatissime probabilità che la crescita globale per l’anno prossimo sia largamente sovrastimata. Bisognerà fare i conti anche con quello, altro che giocare a sovrastimare il già minuscolo impatto del reddito di cittadinanza.
Abbiamo già passato quello che potremmo definire il punto di non ritorno, per cui è impossibile pensare che la situazione sui mercati possa tornare come prima con un’eventuale “retromarcia” del Governo sulla manovra?
Come dicevo, è una questione politica. Non so quanto Bruxelles sia intenzionata ad abbassare i toni. Qualche decimale di riduzione della componente strutturale del debito non cambia nulla di fondamentale. Aiuterebbe di sicuro però anche il solo “signalling effect”, cioè il messaggio che non c’è intenzione da nessuna delle due parti di andare in fondo alla partita di poker. Se Bruxelles manda un messaggio di pacificazione, si dimenticherà in fretta il 2,4 o il 2,7% di deficit/Pil, con calo di volatilità almeno per molti mesi.
“L’Italia non vuole uscire dall’euro”, dicono gli esponenti del Governo italiano. Quanto può essere ritenuta credibile questa affermazione dagli investitori e quanto potrebbe invece essere plausibile il fatto che siano altri paesi a non voler più condividere la moneta unica con un Paese “ribelle” come l’Italia?
Per quello che vedo della politica italiana, nessun leader è al momento in grado di traghettare l’Italia fuori dall’Euro senza passare attraverso un default disastroso. E l’Italia ha troppa net wealth per “giocare” su questi temi. Lo avrebbe potuto fare la Grecia che non aveva nulla da perdere e non lo ha fatto, figuriamoci l’Italia. Credo che l’elettorato medio di Salvini non accetterà di rischiare di bruciare tre generazioni di risparmi e benessere, mentre l’elettorato medio di M5s potrebbe avere qualche incentivo in più and andare fino alla fine del bluff pokeristico con l’Ue. Per questo non credo che questo governo possa gestire una vera crisi senza crollare sui temi chiave.
Ormai di fatto è la Bce il vero soggetto europeo che viene ascoltato sui mercati. Quanto sarà importante – e che conseguenze potrebbe avere – la corsa alla successione di Draghi?
Beh, si ascolta soprattutto la Bce anche perché da Berlino risuonano solo messaggi confusi e non coordinati. Hanno molti problemi interni e la Merkel è scomparsa da questo dibattito. Riguardo alla leadership della Bce, il flusso di rumors, speculazioni politiche e commenti inappropriati genererà volatilità sui mercati con l’Italia al centro del problema, ma in realtà chiunque prenda il posto di Draghi non avrà come obiettivo quello di affondare l’Italia. Magari di metterla in condizioni di maggiore vulnerabilità per non correre il rischio che le politiche dell’attuale governo possano raccogliere troppi consensi interni e nella Ue. Meglio segnalare quindi ai paesi membri che ogni avventura politica “non conforme” alle linee guida politiche e economiche non può che finire nella crisi e nella distruzione di ricchezza.
Dovendo essere specifici, che misura concreta vogliono ottenere le istituzioni Ue dall’Italia se, come lei dice, qualche decimale sulla manovra di fatto è irrilevante?
Sempre il solito tema caro ai tedeschi: una mega patrimoniale one-off e una struttura fiscale con forte e stabile tassazione della ricchezza e tassa di successione. Il tema che ricorrerà sarà ancora quello: ridurre drasticamente il debito. E i soldi per ridurre il debito italiano sono già in Italia, non a Francoforte.
(Lorenzo Torrisi)