La terza corte d’appello di Milano ha assolto Marco Tronchetti Provera, vicepresidente e amministratore delegato di Pirelli, dall’accusa di ricettazione “perché il fatto non costituisce reato” nel terzo processo d’appello per il caso Kroll. In primo grado, il 17 luglio 2013, Tronchetti era stato condannato a un anno e 8 mesi (pena sospesa) con la non menzione in quanto incensurato. Nel primo appello, terminato l’11 giugno 2015, era già arrivata una assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, ma la sentenza era stata annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione. Stessa sorte per il secondo processo in appello, chiuso con un’assoluzione il 9 febbraio 2017 e sentenza annullata con rinvio dalla Cassazione l’11 gennaio 2018. Oggi è arrivata la terza sentenza in appello, con la procura generale di Milano che aveva chiesto in requisitoria la conferma della condanna di primo grado. Marco Tronchetti Provera ha rinunciato alla prescrizione nell’aprile del 2015.
La vicenda – giova ricordarlo – aveva davvero una rilevanza minima, nel bailamme delle questioni economiche, finanziarie e anche giudiziarie che hanno scandito la vita del gruppo Telecom, soprattutto dopo quella che fu una vera e propria estromissione politica di Tronchetti. Tutto nasce nel 2004, quando Tronchetti Provera era Presidente di Telecom Italia. Il procedimento delle tre assoluzioni ruota intorno a un cd con dati raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll che nel 2004, periodo nel quale era in corso uno scontro tra Telecom e alcuni fondi di investimento brasiliani per il controllo di Brasil Telecom, svolgeva una attività di spionaggio nei confronti del gruppo di tlc e della famiglia Tronchetti Provera.
Chiaro finora? Ci sono in Brasile alcuni soggetti finanziari che, volendo destabilizzare il controllo della consociata brasiliana di Telecom, si mettono a fare spionaggio contro la medesima Telecom. La security di Telecom apprende la cosa – se no, che security sarebbe stata? – e si dedica adun’attività di controspionaggio, raccogliendo così molti dati. Secondo l’accusa, i file di dati racchiusi in quel cd vennero infatti intercettati dagli esperti informatici del Tiger Team, struttura alle dipendenze di Giuliano Tavaroli (capo della sicurezza di Telecom), con unìoperazione di hackeraggio, e poi fatti avere alla segreteria dell’ex numero uno di Telecom, il quale, sempre secondo le indagini, pur sapendo le modalità con cui erano stati acquisiti, diede ordine di sporgere denuncia facendo avere il cd all’autorità giudiziaria.
Tale ricostruzione, invece, è sempre stata respinta da Tronchetti Provera, il quale ha sempre negato ogni addebito, confermando solo di aver “partecipato a una riunione durata pochi minuti e convocata d’urgenza” durante la quale era stato informato “che esisteva un’azione contro la mia persona, la mia famiglia e l’azienda da me guidata da parte di Kroll. La mia reazione è stata quella di dare mandato ai miei legali, Francesco Mucciarelli e Francesco Chiappetta, di denunciare tutto alla Procura della Repubblica”.
Ora, comunque si rigiri la vicenda, emergono con chiarezza tre elementi: si è trattato, per Pirelli, di controspionaggio e quindi di difesa; i contenuti del cd e l’intera vicenda è stata volontariamente denunciata alla magistratura; Tronchetti, ovviamente indagato in quanto capo-azienda, ha volontariamente rinunciato alla prescrizione, con ciò dimostrando di non aver nulla da nascondere. Ebbene, ci sono voluti tre processi d’appello per affermarlo? Con due respingimenti della Cassazione? E se fosse un processo per reati di sangue, ne avrebbero fatti trentatre? A carico di un imputato che non solo “si difende nel processo e non dal processo”, ma rinuncia al diritto della prescrizione? C’è davvero di che restare allibiti per tante costosissime e inutili lungaggini giudiziarie.