Contrordine compagni, la rivoluzione verde è una bufala: torniamo a inquinare come prima e più di prima. Detta così è chiaramente una caricatura. Ma il senso di quello che sta accadendo – o che potrebbe accadere se certe tendenze dovessero radicalizzarsi – è proprio questo. Con l’avvento rinnovato di Donald Trump sulla scena internazionale – non proprio amico delle politiche e dei consessi a favore dell’ambiente – alcune certezze cominciano a vacillare. O mostrano più chiaramente il volto pittato, truccato, che esibivano.
Il più lesto a rendere noto il cambio di rotta è stata la più ricca e potente società d’investimento al mondo, la statunitense BlackRock, che ha fatto sapere di non essere più tanto sicura degli indirizzi sostenibili e responsabili nei confronti del pianeta dopo aver per anni predicato l’avvento di una nuova forma di economia rispettosa delle persone, della loro salute, del benessere collettivo e via dicendo. Certo, il mondo della finanza è il più lesto a fiutare il vento e il più spregiudicato. I soldi si fanno col cambiamento e non restando fermi.
Comunque sia, il segnale è dato. Che effetto avrà sull’universo di riferimento è tutto da vedere. Ed è probabile, forse addirittura auspicabile, che il pendolo dopo aver corso tutto da una parte e poi tutto dall’altra trovi un suo equilibrio nel quale il mondo delle imprese possa riconoscersi. Gli eccessi non sono mai salutari per l’economia reale che ogni giorno fronteggia problemi di produzione, procacciamento di risorse, organizzazione, concorrenza, vendite. Certi paletti troppo stretti possono portare fuori pista.
Dunque, meno retorica buonista – il mondo come lo vorremmo – e più prosa concreta. Il che vuol dire trovare la via che ci porti all’obiettivo della decarbonizzazione con rigore ma senza furore. Un po’ quello che hanno spiegato il Presidente di Confindustria Emanuele Orsini e il Consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina nella conferenza stampa convocata per presentare il nuovo plafond da 200 miliardi che la banca mette a disposizione dello sviluppo del sistema imprenditoriale italiano da qui al 2028.
Per stimolare gli investimenti occorre creare le condizioni adatte. I capitali, quelli privati senza i quali le risorse pubbliche sarebbero perse perché insufficienti e quindi inefficaci, vanno dove vedono maggiore convenienza. E in un mondo che corre veloce con Paesi che badano più al proprio vantaggio particolare che a quello generale anche noi italiani, noi europei per meglio dire, dobbiamo trovare le condizioni per continuare a competere senza compromettere la forza del Made in Italy fatta di prodotti belli e ben fatti.
Tra i due pesi massimi dell’America e della Cina che si combattono a colpi di tecnologia, terre rare, dazi e quant’altro possa servire alla causa dell’uno o dell’altro. l’Europa ha deciso di assumere il ruolo dell’arbitro. Fissa regole che impone a se stessa e vorrebbe estendere agli altri tranne ad accorgersi che quando usa il fischietto raramente i giocatori stranieri la stanno ad ascoltare. Senza contare che quando si scende in campo qualsiasi partita si giochi l’unico esito certo è che l’arbitro non potrà vincere mai.
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