Come se fosse una ciliegina sulla torta, in questa concitata situazione finanziaria italiana è arrivato anche “l’inaspettato” colpo di scena dell’uscita del finanziere Vincent Bolloré dal patto di sindacato di Mediobanca.
Tutto sarebbe stato improvviso, persino lo stupore del rappresentante del socio più forte del patto di sindacato, quel Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit, che viene definito come una sorta di “azionista ruvido” di piazzetta Cuccia, perché vuole liberarsi, vendere la sua quota dell’ 8 per cento. In realtà, quindi, si aspettavano le dimissioni di un francese, ma sono arrivate quelle del francese sbagliato.
A ben vedere l’uscita di Bolloré dal patto di sindacato segna un’altra e ulteriore svolta nella storia della ex grande banca d’affari italiana, quella che aveva protetto, prima con Enrico Cuccia e poi con Vincenzo Maranghi, il capitalismo delle grandi imprese private italiane, quello ridotto a poche unità, sostanzialmente pavido e anche un po’ “straccione”, per le sue limitate capacità di investimento sempre dettate da avidità, e per una carenza di spirito imprenditoriale da autentica grande azienda.
La Mediobanca di Cuccia, il cosiddetto “salotto buono”, ha salvato fino quando ha potuto quel manipolo di “capitani di sventura”, fornendo loro un ottimo “biglietto da visita”, delle buone credenziali e capacità finanziarie di prim’ordine anche a livello internazionale.
Tanta acqua è passata sotto i ponti. Morto Cuccia, Maranghi è stato volgarmente tradito da soci che si sono convertiti alla nuova “visione bancaria” dei guru della McKinsey, quelli che poi hanno portato alla crisi finanziaria mondiale del 2007-2008.
Lentamente Mediobanca si era già trasformata, ma di fatto il solido patto di sindacato, la presenza di Bolloré come il continuatore di un’antica collaborazione con André Meyer e poi con Antoine Bernheim, davano alla Mediobanca italiana una connotazione internazionale di prim’ordine.
Oggi il supposto continuatore di quella Mediobanca, Alberto Nagel (al di là di buoni risultati), ha solo il semplice compito di trasformare il gioiello, immaginato da Raffaele Mattioli e realizzato da Enrico Cuccia, in una public company di credito e gestioni. Non certo una fine gloriosa e grandiosa per un’istituzione come Mediobanca. Forse siamo di fronte all’ennesima metafora del destino italiano.
Ma in questo momento c’è qualche cosa da aggiungere, che potrebbe presentare aspetti sgradevoli. Come è noto, nel portafoglio di Piazzetta Cuccia, per un’antica tradizione che risale a oltre cinquant’anni fa, c’è la grande partecipazione in Generali, la compagnia di assicurazioni triestina che gli italiani hanno ereditato da Maria Teresa d’Austria. Generali ha un grande valore ed è nel mirino, da sempre, di due altre compagnie di assicurazione europee: la francese Axa e la tedesca Allianz.
Sarà un caso, ma per attaccare in passato l’assetto di Mediobanca si è sempre passati da Generali e, anche se in questi anni si è formata una sorta di “cordata tricolore”, non c’è dubbio che è stata sempre e soprattutto Mediobanca la vera diga, lo sbarramento reale contro le “invasioni” estere nella compagnia triestina.
E allora lo sganciamento di Bolloré da Mediobanca potrebbe anche significare il preludio a un completo riassestamento, allo stesso tempo, di Mediobanca e Generali.
Non a caso, qualche giornale meno reticente di molti altri ieri ha titolato “Bolloré lascia il patto Mediobanca. Terremoto sull’asse Milano-Trieste”. In effetti, mentre a Piazzetta Cuccia avvengono inaspettati colpi di scena, a Trieste si è quasi alla scadenza del board, quello al momento presieduto da Galateri di Genola.
Ora, poiché la finanza è molto “creativa” ma segue anche “l’arte della guerra” (Cuccia leggeva ogni sera qualche pensiero di Sun Tzu), può darsi che Bolloré si sia sganciato dal patto, pur restando come azionista in Mediobanca, per dedicarsi ancora di più a Vivendi, ma allo stesso tempo per poter fare da sponda a un’antica “causa francese”.
Facciamoci una domanda: è proprio così ruvido l’atteggiamento del ceo di Unicredit Jean Pierre Mustier? Si è parlato in più di un’occasione di apparentamenti, fusioni paneuropee di Unicredit, che ha qualche difficoltà con banche francesi, tedesche e ora anche inglesi.
Ma la pista che sembra più accreditata sembra quella di un accordo con la francese Société Générale. Forse Mustier si dimostra solo apparentemente disinteressato e sorpreso, ma proprio dalla Francia potrebbe arrivare una spinta a fargli realizzare un doppio colpo. Prima la fusione tra Unicredit e Société Générale, poi una collaborazione con Axa, che potrebbe arrivare alla sempre desiderata Generali, e infine, dopo tutto questo, a limitare il ruolo di Mediobanca a banca d’affari a scarto ridotto di una nuova grande realtà finanziaria. Con i francesi in veste di patroni, s’intende. Insomma Bolloré potrebbe diventare il vecchio amico francese che fa da apripista ai francesi.
E’ uno scenario fuori dalla realtà? Molti se lo augurano, ma altri lo sospettano con qualche credibile dato di fatto.