Il ministro Profumo ha firmato il Decreto rettificativo e integrativo del DM n. 249/2010, prevedendo l’avvio del controverso Tirocinio formativo attivo (Tfa) speciale. Accusato di essere una sanatoria e di abilitare docenti senza merito perché esclusi dalle prove del Tfa ordinario, il Tfa speciale è “nato” nel maggio 2012, quando ci si rese conto che esistevano docenti laureati, privi di abilitazione ma con anni di servizio nella scuola, persone – come ammise lo stesso ministro Profumo in una intervista al Corriere – «che nella realtà il tirocinio l’hanno già fatto». Un percorso abilitante ad hoc, quindi, che come tale ha suscitato aspre polemiche. Ora il decreto c’è e il Tfa speciale ha tutte le carte in regola – o quasi – per partire. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Fabrizio Foschi, presidente di Diesse.
L’atteso decreto è finalmente stato firmato dal ministro. Si tratta davvero di una sanatoria?
Il decreto, di cui aspettiamo di leggere il testo, contiene aspetti che lo fanno apparire, in effetti, come una sanatoria. Da qui le proteste di una parte dei docenti non ancora abilitati che stanno svolgendo il Tfa ordinario. Nello stesso tempo, occorreva tenere conto di quegli insegnanti non abilitati di cui lo Stato si è servito per le supplenze e che hanno accumulato alcuni anni di servizio. Da questo punto di vista non è solo una sanatoria. Il decreto inoltre, ma molti trascurano questo punto, non riguarda soltanto il Tfa speciale. La prima parte del decreto, infatti, sancisce una modifica sostanziale del DM n. 249/2010 a proposito delle modalità di calcolo dei posti da mettere annualmente a disposizione per il Tfa ordinario della fase transitoria, stabilendo che venga determinato «sulla base del fabbisogno di personale docente abilitato nelle scuole del sistema nazionale di istruzione e formazione professionale», compreso anche tutto quello supplente.
In pratica?
Secondo i dati forniti dalla Relazione tecnica allegata allo schema di decreto (Atto Camera n. 535), i 20mila posti del Tfa ordinario attualmente in corso potrebbero diventare 3 o 4 volte di più per il prossimo anno e i seguenti. Tali misure però intervengono in modo discontinuo su una materia che è incandescente: si tratta del futuro professionale di numerosi giovani insegnanti, tra i quali molti sono motivati e preparati. Per questo gli errori commessi nel recente passato, vedi prove d’accesso al Tfa, non depongono a favore di chi amministra la complessa procedura. In questo senso, sarebbe bene che l’amministrazione si aprisse a competenze che non sono solo interne.
C’è dunque il principio del riconoscimento di un percorso abilitante speciale, e ci sono tre singoli decreti organizzativi: l’impianto è coerente?
Il provvedimento, di cui al momento conosciamo solo le anticipazioni e che diventerà efficace solo dopo essere stato registrato alla Corte dei Conti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è costituito da un pacchetto di tre decreti inglobati l’un nell’altro: Tfa speciale, percorso universitario e nuova tabella di valutazione dei titoli culturali e di servizio validi per l’inserimento e l’aggiornamento delle graduatorie di II fascia di istituto. In sostanza, si regolamenta l’accesso al Tfa senza «superamento di prove di accesso» per «i docenti non di ruolo, ivi compresi gli insegnanti tecnico pratici» sprovvisti di qualsiasi abilitazione e in possesso dei requisiti previsti dal DM n. 249/2010, che «abbiano maturato, a decorrere dall’anno scolastico 1999/2000 fino all’anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno tre anni di servizio in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione professionale».
Si è molto parlato del calcolo di questi anni di servizio.
I tre anni vengono computati come somma dei servizi svolti «nella stessa classe di concorso», ciascun anno scolastico «per un periodo di almeno 180 giorni ovvero quello valutabile come anno di servizio intero». Non sono quindi valutabili a questo fine gli anni con servizio inferiore a 180 giorni e non sono cumulabili giorni di anni diversi.
Veniamo al percorso universitario.
Il percorso universitario formativo del Tfa speciale è limitato alla acquisizione dei soli 41 crediti formativi universitari relativi «alla verifica e al consolidamento della conoscenza delle discipline oggetto di insegnamento della classe di concorso e al perfezionamento delle relative competenze didattiche», «alla acquisizione delle competenze digitali» con particolare riferimento all’uso dei linguaggi multimediali, e «all’acquisizione delle competenze didattiche atte a favorire l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità». Non sono richiesti i 19 crediti relativi al tirocinio a scuola previsti per il Tfa ordinario, in quanto considerati assolti «in virtù dei particolari requisiti di servizio» che consentono l’accesso al Tfa speciale. I corsisti che hanno riportato almeno 18/30 in ciascuno degli insegnamenti previsti accedono all’esame finale con valore abilitante, che «consiste nella redazione, nell’illustrazione e nella discussione di un elaborato originale».
Il nostro prof ottiene l’abilitazione. Cosa fa?
È opportuno sottolineare come anche il decreto sul Tfa speciale ribadisca che i titoli di abilitazioni conseguiti al termine del percorso «non consentono l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento», ma danno diritto esclusivamente all’iscrizione nella II fascia della graduatorie d’istituto per le supplenze e costituiscono requisito di ammissione alle procedure concorsuali ordinarie. Nessun “passaporto” per il posto fisso, quindi.
Il percorso si articola in tre fasi: prova nazionale, percorsi abilitanti da effettuare in università, prova finale. Le sue osservazioni su questi tre step previsti dal decreto?
La prova nazionale, che dovrà tendere ad accertare le capacità logiche, di sintesi e linguistiche del candidato (punteggio fino a 35 punti), suscita diversi interrogativi. Da una parte il decreto ribadisce che l’iscrizione ai percorsi speciali non è subordinata a prove d’accesso; dall’altra, a quanto si sa, dice che la prova nazionale non ha valore selettivo, ma è funzionale a determinare una graduatoria per l’ingresso nei Tfa speciali che dovrebbero suddividersi in tre annualità (2012-13, 2013-14 e 2014-15). Il punteggio acquisito nei test, tuttavia, diventerà parte integrante dell’abilitazione finale. Qui c’è contraddizione: se è vera la prima ragione, non può essere determinante anche la seconda.
Cosa pensa della differente valutazione in termini di punteggio nelle graduatorie di II fascia di istituto per chi ha fatto i Tfa speciali? È una discriminazione?
Il riferimento ad una nuova tabella per l’iscrizione nella II fascia della graduatorie d’istituto si deve ad una delle condizioni, condivisibili, poste dalla Commissione Cultura della Camera che, esprimendo lo scorso febbraio parere favorevole sulle abilitazioni speciali, osservò che occorreva differenziare − attraverso i punteggi da attribuire − la condizione di coloro che avrebbero sostenuto il Tfa speciale da quella di coloro che stessero partecipando al Tfa ordinario, onde evitare che la mera anzianità possa valere più del merito.
Un commento sull’aspra polemica che ha opposto “specialisti” e partecipanti al Tfa ordinario?
Come detto, c’è l’impressione che si tratti di una sanatoria, ingenerata soprattutto dall’essere risaliti, per il calcolo del servizio svolto, agli anni 1999/2000, cioè a ben prima della chiusura delle Ssis. E questo è certamente ingiustificato. Ma qui si è inserita la mano dei sindacati, sempre pronti a premere per la riapertura delle graduatorie ad esaurimento degli abilitati. Su questo punto (la non riapertura, pena lo sconvolgimento di tutto l’assetto) bisognerà vigilare.
Vuole ricordare a che punto siamo con il Tfa ordinario? Quali sono le maggiori difficoltà e da che cosa dipendono?
Attualmente i maggiori disservizi provengono dall’eccesso di autoreferenzialità delle università che hanno comportamenti molto differenti: alcune si impossessano in maniera discrezionale di una buona parte delle 475 ore di tirocinio; altre spostano la sede dei corsi in altra città, creando grave disagio soprattutto a quei tirocinanti che sono in servizio; altre ancora sono gravemente in ritardo nell’accreditamento delle scuole in cui i tirocinanti possono recarsi. Non mancano ovviamente le situazioni virtuose. Ad ogni modo, nell’ambito di una riunione tecnica sul Tfa svoltasi qualche giorno fa al Miur, pare che il ministro abbia parlato di «autonomia, ma non responsabilità» a proposito di spesa e gestione dei percorsi da parte delle università. Evidentemente, c’è molto da rivedere.
Auspici, elementi di preoccupazione?
Riteniamo che, una volta completato il primo giro dei Tfa ordinari e partiti gli speciali (presumibilmente a giugno), l’intero iter della formazione iniziale, in gran parte stravolto in corso d’opera, debba essere rivisto. Bene la divisione fra abilitazione e reclutamento, che resiste. Alla luce di quanto è accaduto in ambito Tfa, tuttavia, si dovrebbe arrivare ad un sistema più semplificato, che magari conferisca più importanza alle esperienze di tirocinio attivo nella scuola, senza nulla togliere alla verifica delle competenze, delle conoscenze e delle attitudini dei giovani insegnanti.