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Home » Emmeciquadro » SCIENZAinATTO/ Biodiversità. Radici antiche per nuove frontiere

  • Emmeciquadro
  • Emmeciquadro n° 27

SCIENZAinATTO/ Biodiversità. Radici antiche per nuove frontiere

Giorgio Bavestrello
Pubblicato 11 Agosto 2006
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Che cosa è la biodiversità e perché salvaguardarla fa bene al pianeta? In questo contributo l’autore ne illustra l’importanza sia nella storia della biologia che nella più recente ricerca.

Che cos’è la biodiversità? In quale area scientifica si collocano gli studi della biodiversità? Perché salvaguardare la biodiversità fa bene al pianeta?
A domande di questo tipo, che vengono alla mente leggendo i quotidiani o ascoltando i notiziari televisivi occorre rispondere fondandosi su dati concreti e utilizzando un approccio rigorosamente scientifico.
Così, in questo contributo ricco di esempi, l’autore conduce a riscoprire l’importanza della sistematica, sia nella storia della biologia che nella più recente ricerca.


SOMMARIO/ N° 91 – Settembre 2025 – La sfida delle discipline scientifiche


A partire dall’ultimo decennio dello scorso secolo, numerose voci si sono levate mettendo in allarme il mondo, non solo scientifico, sulla necessità di difendere la biodiversità.
Questo termine si riferisce a tutti gli organismi viventi che popolano una data area, un ecosistema o l’intera biosfera. Di quanto questa esigenza sia uscita al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti, teorici o di campo, è dimostrato dalla copertina di National Geographic del febbraio 1999 che titolava Biodiversity, the fragile web (Biodiversità, la vita in gioco nell’edizione italiana).
Questo fascicolo faceva eco a un articolo pubblicato su Scientific American dove Robert May [May, 1992] dichiarava: «Alla specie umana importa capire la diversità degli organismi viventi per le stesse ragioni che ci spingono a cercare di capire le origini e il destino dell’universo […]. A differenza di questi altri interrogativi lo studio e la conservazione della diversità hanno limiti temporali molto stretti.»
D’altra parte, mentre il problema della costante erosione della biodiversità [Wilson, 1989; 1993] sembra drammaticamente inquadrato dall’opinione pubblica mondiale, estremamente più sfocati sono i contorni dello specialista in grado di definire, in termini scientifici, le reali dimensioni della questione.
Chi è lo studioso della biodiversità? In un’epoca nella quale i problemi biologici sono affrontati da nuove figure di ricercatori – architetti ambientali, biologi molecolari, ecologi dei sistemi – bisogna lealmente riconoscere che i principali conoscitori del problema sono i tassonomi eredi di una tradizione bicentenaria nello studio e nella classificazione della diversità biologica [Boero, 1996].
La biodiversità ha una storia lunga e complessa. La testimonianza dei fossili indica una continua alternanza di proliferazioni ed estinzioni che hanno seguito la cosiddetta esplosione cambriana: il fenomeno che ha condotto, circa 550 milioni di anni or sono, al differenziamento di tutti i phyla di animali così come oggi noi li conosciamo (AA.VV., 1992).
Le cause di queste catastrofiche estinzioni, delle quali la più celebre, benché probabilmente non la più drammatica, è quella che al termine del Cretaceo annientò i dinosauri, sono da imputarsi a cambiamenti climatici oltre che a competizione biologica.


EDITORIALE N.91 - La sfida delle discipline scientifiche


Vai al PDF dell’intero articolo

Giorgio Bavestrello
(Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze del Mare dell’Università Politecnica delle Marche, ad Ancona; docente di Biologia animale ed Ambientale ed Etologia per la laurea triennale in Scienze Biologiche e Biodiversità Animale per il corso di Biodiversità della laurea specialistica in Biologia Marina)

© Pubblicato sul n° 27 di Emmeciquadro

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