USA/ Weigel: principi morali sbagliati possono facilmente corrompere le professioni e le leggi

- int. George Weigel

La cultura in America non è più tema di riflessione pubblica. George Weigel, autore di una biografia su Giovanni Paolo II, e intervistato da Robert F. Conkling in occasione della 77° Conferenza annuale sull'Educazione dell'Associazione Cattolica dei Medici Americani (svoltasi a Baltimore il 9-12 ottobre), sottolinea come il papa polacco abbia rilevato «l'importanza di una vibrante cultura morale pubblica in democrazia». E, in campo sanitario, i rischi di un giudizio male indirizzato

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In America non ci fermiamo molto a riflettere su che cosa sia diventata la nostra cultura, ed è altrettanto difficile, per noi, riuscire a sviluppare una fede, una letteratura e un linguaggio comuni. Oggi molti americani probabilmente non sono d’accordo neppure su cosa voleva dire Thomas Jefferson quando, scrivendo la Dichiarazione di Indipendenza, disse che ci uniamo come una sola Nazione per difendere la vita (tutte le vite, non solo una classe specifica), la libertà (per tutti) e il perseguimento della felicità (per tutti, e non solo per i banchieri di Wall Street e per  i loro amici politici). Sono tutte considerazioni importanti nell’attuale dibattito elettorale, ed è per questo che abbiamo chiesto a George Weigel che cosa abbia imparato da Giovanni Paolo II sul tema della cultura.

Cosa intendeva il Papa quando chiedeva: “Come va con la cultura?”

Giovanni Paolo II era un polacco e i polacchi hanno una visione particolare sulle dinamiche della Storia. Questo perché la Polonia come nazione è sopravvissuta alla vivisezione e alla distruzione della Polonia come Stato nel 1795 attraverso la sua cultura, anzi è sopravvissuta con vigore tale da poter permettere a un nuovo stato polacco di nascere nel 1918. Giovanni Paolo II è cresciuto con l’idea che la cultura è, alla lunga, la forza più dinamica della storia.

Qual è il centro della cultura, il suo principio ispiratore?

Il cuore della cultura è “culto”: cosa uomini e donne hanno a cuore, onorano e adorano; ciò su cui sono pronti a mettere in gioco le loro vite e quelle dei loro figli. Il Papa era anche cosciente del grande fallimento della Germania di Weimar: un edificio politico democratico costruito su una base culturale totalmente inadeguata. Per questo capiva, quindi, l’importanza di una vibrante cultura morale pubblica in una democrazia. La democrazia ha bisogno di una cultura morale pubblica capace di formare il tipo di cittadini che siano in grado di far funzionare la democrazia e una libera economia, così che il risultato di libera politica e libera economia sia una genuina fioritura umana.

Come valuterebbe Giovanni Paolo II la cultura della pratica medica in America nel nostro tempo?

Possiamo avere un’idea delle sue preoccupazioni leggendo l’enciclica del 1995 “Evangelium Vitae”, nella quale il Papa discute a lungo e con passione su come giudizi morali rivolti disperatamente in direzione sbagliata (vedi i casi di aborto e eutanasia) possono corrompere le professioni, così come le leggi.

Come vedrebbe Giovanni Paolo II la discussione attuale fra gruppi come l’Associazione Americana di Ginecologi e Ostetrici (che hanno proposto di limitare l’obiezione di coscienza di dottori in via di formazione i quali non desiderano partecipare in niente che sia collegato a pratiche abortive) e la posizione dell’ Associazione dei Medici Cattolici di difendere il diritto naturale di ogni professionista della sanità di esercitare la propria coscienza e di non partecipare in alcuna azione, come l’aborto, che compromette la vita di un essere umano?

Starebbe sicuramente dalla parte dei buoni. Una legge che costringe i medici a fare una cosa è un male morale oggettivo, è una legge falsa, e deve essere rifiutata.

Nella sua biografia “Testimone della speranza” lei scriveva che la “teologia del corpo” di Giovanni Paolo II è «una bomba a orologeria teologica pronta ad esplodere». C’è qualche segno che ci dice che la miccia è sempre accesa, almeno nella Chiesa Cattolica?

È già scoppiata fra un largo numero di giovani cattolici impegnati, che vedono nella teologia del corpo un’alternativa ai miasmi culturali della visione del sesso come uno “sport di contatto” potenzialmente letale. Certamente ha avuto un effetto nei corsi di preparazione al matrimonio, ed è il tema del lavoro di molti movimenti e gruppi di rinnovamento. Sono anche colpito dalla portata dell’interesse per la teologia del corpo da parte di studiosi e ricercatori. È un interesse che si misura dalla quantità di tesi e ricerche sull’argomento.

A suo avviso la teologia del corpo sta innescando una bomba anche sul piano sociologico? Intendo dire un riconoscimento del fatto che i sessi si completano l’un l’altro e che la differenza sessuale riflette il dono di sé di Dio stesso?

Non si può invertire in una sola generazione una cultura decadente che si è andata formando per duecento anni. Ma almeno adesso abbiamo gli strumenti per cominciare il lavoro.

La sentenza della Corte Suprema del Connecticut ha stabilito che il matrimonio tra coppie dello stesso sesso è legale, nonostante l’assembla legislativa dello Stato avesse agito in senso contrario. Che ne pensa?

Che il “matrimonio”, il sacramento primordiale, possa significare qualunque cosa che vogliamo farlo essere, è la forma più pura di gnosticismo che si possa trovare.

Come valuta questa tendenza a negare che l’esercizio dell’obiezione di coscienza nell’assistenza sanitaria appaia in larga parte (se non sempre) coinvolgere la sfera del sesso e le sue conseguenze, come il procurato aborto?

L’aborto non è una questione di moralità sessuale, ma di giustizia pubblica: il quinto comandamento, non il sesto. Se, d’altra parte, sta parlando di prescrivere contraccettivi e via dicendo, non è un caso che i Nuovi Gnostici vogliano usare il potere dello Stato per forzare la coscienza cattolica, perché la Chiesa cattolica è l’ultima grande barriera nazionale istituzionalizzata contro la loro vittoria e la vittoria della dittatura del relativismo.

20 studenti si sono incontrati privatamente con medici più esperti al meeting della Catholic Medical Association per domande e risposte. Il messaggio emerso in prevalenza è che l’etica medica insegni loro semplicemente di lasciarsi alle spalle quello che sono e dare ai pazienti ciò che vogliono o ciò che la cultura o la legge impongono. Cosa potrebbe dire Giovanni Paolo II a questi studenti brillanti e affamati di risposte?

Che non possono compromettere la loro integrità, e che sicuramente troveranno strade per farlo.

(Robert F. Conkling)







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