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Home » Esteri » Medio Oriente » SIRIA/ Mons. Zenari (nunzio): io, scampato per miracolo alle bombe dei terroristi

  • Medio Oriente
  • Esteri

SIRIA/ Mons. Zenari (nunzio): io, scampato per miracolo alle bombe dei terroristi

Int. Mario Zenari
Pubblicato 6 Novembre 2013
infophoto_damasco_siria_assad_bomba_R439

Immagine di archivio

Una bomba ha colpito la nunziatura apostolica a Damasco. Mons. MARIO ZENARI racconta i momenti terribili dell'esplosione e spiega perché nonostante tutto i cristiani rimangono in Siria

Sin da subito, quando la rivoluzione siriana è sfociata in una guerra, tutte le ambasciate a Damasco hanno chiuso, lasciando magari solo qualche incaricato d’affari. Il motivo? L’estrema pericolosità della situazione, in una capitale nel mirino degli attentati terroristici e dei bombardamenti, anche se in occidente non si dice quasi nulla a proposito di Damasco. Sono rimaste aperte solo tre ambasciate: quella ceca, quella russa (essendo la Russia l’alleata numero uno del regime di Assad) e la nunziatura apostolica. Proprio la nunziatura è stata ieri colpita da un ordigno esplosivo la cui natura è ancora poco chiara, ma sono chiari i risultati che ha ottenuto. Lo dice lo stesso nunzio apostolico in Siria, contattato da ilsussidiario.net poche ore dopo, Monsignor Zenari: “Se fossi rimasto nella mia camera mezz’ora di più, adesso non sarei qui a parlare con lei”. Monsignor Zenari ci ha testimoniato tutto il pericolo in cui vive coraggiosamente da anni con i suoi assistenti e alcune suore, una testimonianza di coraggio che solo la fede può dare: “Il rappresentante del Papa rimane sempre, anche e soprattutto in guerra. La Chiesa non abbandona il suo popolo”.


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Monsignore, come state, state tutti bene? 

Grazie a Dio sì. L’esplosione è avvenuta in un’ora in cui non c’era gente, gli impiegati arrivavano infatti due ore dopo.

Quando è stata esattamente l’esplosione?

L’esplosione è stata alle 6 e 35 di stamane (ieri, ndr). Io mi stavo svegliando quando ho sentito questa forte deflagrazione, per istinto mi sono gettato subito sul pavimento. Di solito di questi razzi ne cascano anche tre uno dopo l’altro, quando ho visto che non ne cadevano più ci siamo dati da fare per vedere esattamente cosa era successo. Era caduto proprio sopra le nostre teste. 


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Dunque non era un colpo di mortaio come si è detto inizialmente? Era un razzo? 

Io non sono un esperto militare, non saprei dire. Ne cascano continuamente tutti i giorni. Lei pensi che in un quartiere molto popolare di Damasco ne sono caduti dall’inizio del conflitto ben 2800.

Si può dire che non fosse destinato proprio alla nunziatura, ma che vi abbia colpito in modo casuale? 

Le interpretazioni sono le più varie, se leggerà quello che dicono gli organi statali troverà la versione che potrà immaginare. La mia rimane ancora aperta. Alcuni esperti mi hanno detto che era un colpo piuttosto potente, più del solito, e sembra sia venuto da otto, dieci chilometri di distanza.


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Potrebbe essere stato sparato dai ribelli? 

Non posso commentare di più, ma un ordigno così potente può far sorgere sospetti precisi. I danni che fanno questo tipo di colpi non sono come le bombe vere proprie, sono peggio: aprono degli squarci di tetto e spargono in giro violentissime schegge. Pensi che da marzo ne sono caduti molti vicinissimi a noi, almeno una decina a duecento metri e anche meno di distanza dalla nunziatura. All’inizio ieri ho pensato: questo è caduto vicinissimo… invece era sopra la nostra testa.

Che tipo di danni avete subito?  

Il danno è limitato. C’è un grande cornicione spiovente largo due metri coperto di tegole, le tegole sono volate via.

 

Adesso cosa farete? Rimarrete lì, nello stesso edificio? 

E dove possiamo spostarci? Piovono bombe dappertutto qui a Damasco. 

 

Le ambasciate europee hanno chiuso tutte appena cominciata la guerra, è rimasta a Damasco solo la nunziatura, è così? 

Siamo tra quelle europee una delle poche rimaste aperte, con noi c’è quella ceca e quella russa. Ci vuole un grande coraggio a rimanere qui, a lavorare sotto le bombe. Il rappresentante del Papa rimane al suo posto, non abbandona la sua gente per colpa della guerra. Ovviamente cerchiamo di prendere tutte le precauzioni possibili, cercando di uscire il meno possibile e quando lo facciamo usiamo l’ombrello, per usare una battuta e sdrammatizzare un po’… Abbiamo qua dentro la nunziatura un piccolo giardino dove mi limitavo a fare una passeggiata giornaliera, ma adesso non so se la farò ancora. 

 

Cosa vi fa superare la paura? 

Guardi, se questo missile fosse caduto mezz’ora dopo adesso non sarei qui a parlare con lei. E’ caduto sopra una stanza ospiti, guardando davanti c’è la mia camera da letto. Abbiamo un piccolo balconcino dove in queste giornate ancora di sole quando mi sveglio dico le mie preghiere prima di scendere a dire messa. Se fosse caduto mezz’ora dopo, mi sarebbero piovute addosso le tegole che sono saltate via. Sarei in ospedale adesso, sempre che mi fosse andata bene. 

 

Parlando con lei qualche mese fa, ci aveva detto come cercate di convincere i cristiani a rimanere in Siria nonostante tutto questo. 

Cerchiamo di incoraggiarli, anche se adesso cominciano ad avere paura veramente. A parte quel quartiere che le dicevo, dove vivono cristiani soprattutto drusi, anche sulla Damasco vecchia sono caduti questi colpi. 

 

C’è stato poi il caso di Sadad, una cittadina caduta per una settimana in mano agli islamici e dove sono stati uccisi molti cristiani. 

Sto cercando di avere notizie sicure, ma certamente dopo Malul, dove sono tutti evacuati, e dopo Sadad, i cristiani cominciano ad avere paura più di tutti perché le minoranze sono sempre l’anello più debole della catena. 

 

Come si pone un cristiano davanti alla guerra?

 Si pone nelle mani di Dio, anche se io aggiungo aiutati che il ciel ti aiuta. Bisogna avere anche tutte le accortezze possibili. Confidiamo nella Provvidenza, e quando qualcuno mi chiede di cosa ho bisogno io dico sempre: prestami il tuo angelo custode. Più ne abbiamo meglio è perché nonostante tutte le accortezze che possiamo avere ci manca sempre qualcosa, come questo missile cadutoci sulla testa ci fa capire.

(Paolo Vites) 


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