L'evasione fiscale è diminuita in Italia. Resta la necessità di una riforma del sistema impositivo nel nostro Paese
Nei giorni scorsi la Banca d’Italia ha confermato il calo dell’evasione fiscale, una notizia che fa il suo effetto. Per oltre un decennio, infatti, è stata misurata sempre in 100 miliardi di euro. Nelle stime più recenti che riguardano il 2021, il livello della evasione fiscale e contributiva è stato individuato in 82 miliardi di cui 72 miliardi legata solamente a tributi e imposte.
Il recupero più importante dell’evasione pare abbia riguardato il comparto dell’Iva. Per questa imposta, infatti, la riduzione del divario tra entrate attese e quanto effettivamente incassato (tax gap) nel periodo 2017-2021 pare si sia dimezzato.
Una prima domanda che sorge spontanea è come sia possibile che un dato così importante venga rilevato a distanza di anni e non con maggiore tempismo. Su questi dati si basa l’azione del Governo per cui la loro attendibilità e la loro tempestività sono caratteristiche rilevanti per supportare azioni e decisioni. L’ex Ministro Visco, di fronte a un mancato calo dell’evasione malgrado gli interventi introdotti dai Governi, anche da quelli nei quali lo stesso era presente, giunse a mettere in discussione molti degli interventi introdotti sotto la sua guida e catalogabili come parte del fisco telematico.
In un’azienda un dato così importante, qualificabile al pari di uno scostamento di budget, se non rilevato tempestivamente porrebbe seri interrogativi. Anzi, a ben vedere metterebbe in discussione il sistema dei controlli interni e imporrebbe la loro riorganizzazione.
Ritornando all’attualità è interessante l’analisi delle misure che avrebbero favorito il recupero dell’evasione. L’attenzione si è concentrata su quelle ad alto impatto mediatico: fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi. L’analisi è stata completata anche da un commento più tecnico che avrebbe nello split payment, rivisitato nel 2025, e nel reverse charge le misure maggiormente efficienti.

I dati diffusi sottolineano anche come la propensione all’evasione faccia registrare i tax gap più elevati nell’ambito dell’Irpef sui redditi da lavoro autonomo e da impresa, l’Imu-Tasi, l’Irap e l’Irpef sui redditi da lavoro dipendente irregolare.
La lettura di questo dato pone l’accento sulla necessità di avviare una riforma fiscale radicale che contemperi l’esigenza di recuperare l’evasione ma anche quella di migliorare il rapporto fisco/contribuente riducendo la pressione fiscale e semplificando il sistema sia nella fase di autoliquidazione che in quella della riscossione.
Quello della riforma radicale del fisco è un tema divisivo che non è facile da conseguire specie in una fase come questa di penuria di risorse. A ben vedere, però, questo potrebbe essere il momento giusto. La leva fiscale, infatti, appare l’unico strumento capace di migliorare il reddito reale poiché la produzione industriale è ferma e la produttività altrettanto e ciò incide sui salari e più in generale sui redditi che sono erosi dalle diverse spinte inflazionistiche in atto.
Altro dato importante che si rileva dai dati diffusi è quello relativo al confronto su base internazionale dell’evasione. In quest’ambito il dato disponibile riguarda solo l’Iva e porrebbe l’Italia al vertice della classifica dell’evasione. Una spiegazione più semplice si limiterebbe a certificare gli italiani come evasori Iva seriali. Una possibile spiegazione alternativa potrebbe essere legata alla diversa connotazione del tessuto produttivo italiano.
Un punto di forza della nostra economia, infatti, è sempre stato la presenza di un numero notevole di piccole e medie imprese che ci differenzia da altri Paesi in cui sono presenti aziende di grandi dimensione e un numero ridotto di piccole aziende. Questo quadro potrebbe ribaltare la classifica posto che in Italia vi sarebbe un’evasione diffusa tra molti soggetti e, dunque, limitata in valore assoluto sul singolo, mentre in altri contesti potrebbe essere che siano le grandi aziende a essere avvezze all’evasione. Un’altra chiave di lettura potrebbe restituire un’interpretazione che vedrebbe l’evasione negli altri Paesi concentrata sulle poche piccole aziende presenti con un dato singolo più elevato.
Ritornando alla conclusione per la quale sarebbe stata l’introduzione dello split payment e/o del reverse charge a favorire il recupero della evasione Iva non si può non sottolineare che occorre una rivisitazione del meccanismo tradizionale di liquidazione dell’Iva. Puntare su questi sistemi (reverse e split) accentua i problemi di liquidità delle aziende che maturano posizioni creditorie di difficile liquidazione. Si potrebbe puntare invece su una famosa battuta contenuta nel film Il ciclone di Pieraccioni secondo la quale l’Iva non dovrebbe essere transitare tra imprese perché c’è il rischio concreto che qualcuno se ne innamori.
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