Uno degli aspetti fondamentali su cui si è discusso negli ultimi tempi attiene la tassa sugli extraprofitti, nota anche come tassa di solidarietà. Si tratterebbe di un contributo di emergenza previsto dall’Unione Europea in via temporanea, ed inserito nelle manovre finanziarie dei vari governi, contro il caro-energia che ha travolto famiglie e imprese. In particolare dobbiamo fare riferimento al regolamento 2022/1854 del Consiglio dell’Unione Europea del 6 ottobre 2022 , con cui è stato adottato questo strumento con cui generare entrate supplementari a favore delle autorità degli Stati nazionali. Questi extraprofitti consentirebbero di ottenere le risorse necessarie per fronteggiare gli aumenti dei prezzi. Il colosso statunitense Exxon non ha preso però di buon grado questa decisione.
La notizia è stata riportata nelle scorse ore dal Financial Times, secondo cui la major statunitense del settore petrolifero avrebbe intentato causa all’UE poco prima di Natale, sostenendo che la stessa sarebbe andata oltre i “poteri legali” a disposizione adottando una tale tassa. La società degli USA, con questa mossa, vorrebbe bloccare l’entrata in vigore di questo strumento, previsto per il 31 dicembre 2022.
Exxon minaccia: a rischio gli investimenti
La contrarietà di Exxon si fonderebbe sul dover sborsare ben 2 miliardi di euro conseguentemente all’applicazione della tassa sugli extraprofitti, definendola “controproducente”. In questo aggettivo si nasconderebbe una minaccia, neanche troppo velata, nei confronti dell’Unione Europea. Il portavoce della società statunitense ha infatti spiegato come questa decisione europea andrebbe a minare la fiducia degli investitori, che sarebbero più propensi ad investire sulla base dell’attrattività e competitività dell’UE. In poche parole, Exxon continuerà ad avere rapporti con l’Unione Europea in base alla sussistenza o meno della tassa sugli extraprofitti.
Una misura analoga a quella europea è stata adottata anche dal Regno Unito lo scorso novembre, prevedendo un prelievo sugli utili pari al 35%, contro il 33% previsto dalla tassa di solidarietà dell’UE. Eppure allo stato attuale Exxon non sembra aver mostrato l’intenzione di rivalersi anche contro l’Inghilterra. E la ragione risiederebbe nell’ulteriore contestazione presentata dal colosso statunitense contro l’Unione Europea: il potere di imposizione del prelievo atterrebe ai singoli stati e non all’Ue nel suo insieme.