Fine Vita, mons. Paglia si "allontana" da Ruini: ritiene sia giusto concordare una legge per arginare eutanasia ma che conceda spazi per casi limite
“NO ALL’EUTANASIA MA SERVE UNA LEGGE SUL FINE VITA PER NON LASCIARE I FRAGILI DA SOLI”: COSA RICHIEDE MONSIGNOR PAGLIA
Una legge, il più possibile condivisa e approvata da una larga maggioranza in Parlamento, serve: secondo l’arcivescovo mons. Vincenzo Paglia, nel prossimo autunno è bene che Camera e Senato riescano ad approvare una legge sul Fine Vita per dirimere non solo i rilievi mossi dalla Corte Costituzionale nelle recenti sentenze, ma che eviti casi in cui le Regioni compiano passi in avanti che squilibrino il principio che deve rimanere cardine, ovvero che in Italia non vi è alcun “diritto alla morte”.
Diversamente però da quanto sottolinea il cardinale Camillo Ruini in una recente intervista al medesimo quotidiano, “La Stampa”, dalle colonne del giornale torinese è il Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita ad incalzare la politica per raggiungere un accordo sulla bozza di base per una legge per il Fine Vita. Come già sottolineato nel volume “Piccolo Lessico del Fine Vita” presentato negli scorsi mesi dall’editoria in Vaticano, mons. Paglia è convinto che per mettere un argine a qualsiasi ipotesi di eutanasia e suicidio assistito, occorra una legge che circoscriva in maniera attenta «ipotesi in cui assistere al suicidio non sarebbe più punibile».

Secondo il prelato, è necessario un dispositivo di legge per tutelare i più soli e i più fragili, ma per farlo serve un ampio consenso e una maggioranza assai larga: il Fine Vita insomma necessita di un lungo processo di collaborazione tra maggioranza e opposizione proprio perché ha un valore molto più ampio del mero apparato giuridico.
PAGLIA “CORREGGE” RUINI? COSA EMERGE DALLA DUPLICE “VISIONE” DENTRO LA CHIESA
Secondo Paglia, ciascuno muore a modo suo e non si può prevedere una “morte univoca”: la Chiesa è contraria sia all’accanimento terapeutico che all’eutanasia, ma il problema dell’abbandono terapeutico è un tema di cui pochi parlano. «Non si può lasciare la decisione alle Regioni», per questo serve una legge nazionale secondo l’arcivescovo che insiste poi sull’utilizzo di cure palliative ad oggi ancora troppo non uniformi sul territorio nazionale.
In tal senso, il principio avanzato da Mons. Paglia sembra non accostarsi molto a quanto sottolineato invece dall’ex Presidente della CEI, il cardinale Camillo Ruini, sempre in una intervista a “La Stampa” nei giorni in cui il Parlamento vedeva lo slittamento della legge sul Fine Vita a dopo l’estate: per il porporato protagonista della Chiesa italiana nell’ultimo trentennio, è meglio «nessuna legge piuttosto che una cattiva legge sul Fine Vita». Ruini vedeva infatti la preoccupazione di un’opinione pubblica e una cultura dominante dove nei fatti si possa legittimare l’eutanasia, o quantomeno uno spirito contro la vita.
Secondo Paglia invece la legge serve ad ogni costo, sebbene debba essere attentamente lontana da ogni forma di eutanasia: è una sorta di “male minore” la legge organizzata in Parlamento nei prossimi mesi, con l’accostarsi alle “diverse sensibilità” attorno al delicato tema della morte. Due visioni, di cui però la prima attiene alla Dottrina Sociale della Chiesa con la non negoziabilità sui valori cardine come la vita, mentre la seconda apre a sfaccettature diverse per una legge che tuteli alcuni casi specifici: sin dai primi discorsi del nuovo Pontificato, Papa Leone XIV sembra orientarsi maggiormente verso la visione più “ruiniana” escludendo ogni potenziale legge sul Fine Vita che possa interferire con il valore sacro e “innegoziabile” della vita.
