Nell’acquisizione di Greyhound da parte della tedesca Flixmobility c’è anzitutto la fusione fra due diversi immaginari “on the road”. Il primo è un’icona americana senza tempo, al livello del brand Coca Cola. Tuttora blasonatissimo – ancora l’anno scorso Hollywood ha sfornato un film dal titolo omonimo – il Segugio Grigio (anzi: il Levriero Inglese) resta scolpito nei romanzi di Jack Kerouac come nelle canzoni di Elton John. Però dal 1914 è già andato in bancarotta più volte e il Covid lo ha fatto di nuovo ammalare in modo grave. Così l’ultimo proprietario – la multinazionale scozzese dei trasporti First Group – ha deciso di disfarsene: di fatto a zero (172 milioni di dollari) a fronte del prezzo d’acquisto (3,6 miliardi di dollari) versato nell’ormai lontano 2007. Già allora il mito Greyhound appariva azzannato dalla concorrenza di Chinatown Bus Lines (marchio infinitamente meno prezioso ma molto espressivo della strategia di marketing). Adesso arriva – a prezzo simbolico – un padrone tedesco: non più anglosassone E qui la notizia travalica l’ambito finanziario, prestandosi perfino a letture geopolitiche.
Flixbus è un interessante business-case divenuto medio mito contemporaneo: con la minuscola di tanti altri brand “millennial”. È stata fondata nel 2011 a Monaco di Baviera: Europa a 98 carati. Niente California. Niente Dubai o Singapore. Niente “special economic zones” cinesi. Invece: moltissima Ue (40.000 tratte al giorno fra 2.500 destinazioni) e dentro parecchia Italia (10 milioni di passeggeri movimentati nel 2019). Iniziative come FlixCar e FlixTrain. Biglietti a partire da una cifra in euro.
Adesso il polo tedesco si è fatto consegnare Greyhound, post Brexit da un gruppo d’Oltre Manica: un nome luccicante nell’alone mitico, rosso scuro nei conti dopo la pandemia. Ma pur sempre un boccone da 2.400 destinazioni e 16 milioni di transiti all’anno lungo i tre fusi orari nordamericani. Ed è la Deutschland Ag a scommettere sulla propria capacità di gestire con successo un business nei mercati della Corporate America. Non è la prima volta: trent’anni fa l’allora corazzata Deutsche Bank tentò uno sbarco in grande stile a Wall Street, comprando la semi-disastrata Bankers Trust. Finì in un bagno di sangue. Per non parlare dei recenti “bombardamenti” dagli Usa verso i giganti dell’auto tedeschi sul terreno oggi esplosivo elle emissioni inquinanti.
Ora ci prova Filxbus con Greyhound, poche settimane dopo un’altra incursione strategica, ad alto potenziale dalla Germania oltre Atlantico: quella di Axel Springer sulla piattaforma di informazione online Politico. Un investimento da un miliardo di dollari tondo per portare il più importante editore tedesco (moderato-conservatore, tradizionalmente vicino a Cdu-Csu) nel cuore nelle news digitali statunitensi. Un mossa che non poteva passare liscia a cavallo del “ribaltone elettorale” tedesco e nei giorni in cui Donald Trump ha annunciato di voler tornare in campo con un nuovo social media. È stato così che Springer – nella stessa giornata – ha annunciato il perfezionamento dell’operazione Politico ma anche il licenziamento di Julien Reichtel, emergente direttore della Bild, tabloid-ammiraglia, per accuse di molestie sessuali.
Vedremo ora quali salti nel cerchio di fuoco attenderanno oltre Oceano Andrè Schwemmlein, co-fondatore e Ceo della holding Flexmobility.
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