Global Sumud Flotilla, scontro tra islamisti e attivisti LGBTQ+, perché "violano valori della società". Il cortocircuito ideologico nella missione per Gaza

Dopo il caso Greta Thunberg, che ha deciso di lasciare il direttivo della Global Sumud Flotilla per divergenze sulla comunicazione, ne scoppia un altro, ben più grave, visto che si tratta di una questione ideologica tutt’altro che trascurabile. Il coordinatore del contingente maghrebino Khaled Boujemaa ha abbandonato la missione per protestare contro la presenza di esponenti della comunità LGBTQ+.



Ci hanno mentito sull’identità di alcuni dei partecipanti“, ha dichiarato senza essere esplicito, perché in realtà si parla di sessualità. Lo sono stati altri islamici comunque, infatti ci sono le dichiarazioni di un altro militante, Mariem Metftah, il quale contesta apertamente il coinvolgimento di attivisti queer perché, sebbene ognuno possa avere il proprio orientamento sessuale, “essere attivista queer significa violare i valori della società“.



Una donna sventola una bandiera palestinese a sostegno della Global Sumud Flotilla nel porto di Sidi Bou Said, Tunisia (Foto 2025 Ansa EPA/MOHAMED MESSARA)

La collaborazione solidale che è il presupposto della missione umanitaria finisce così in discussione, perché si tratta di una questione molto spinosa. Per Boujemaa la lotta per Gaza non deve diventarne una per la cultura transgender: la sua posizione è stata riportata dal giornale Le Courrier de l’Atlas.

IL CORTOCIRCUITO CULTURALE SULLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

Una delle questioni più divisive di questa vicenda è per Meftah il cambio di genere, arrivando a dichiara di non perdonare chi li ha messi in questa situazione. “Invito tutti a riparare al torto fatto alle persone che hanno donato il loro sangue affinché la Flotilla potesse vedere la luce“. Il problema è che almeno metà della flotta “occidentale” non condivide questa posizione e non intende accettare discriminazioni degli esponenti gay, rappresentati dall’attivista queer Saif Ayadi.



Dunque, si può parlare di una sorta di cortocircuito culturale, come dimostrato anche dalla relazione del presentatore tunisino Samir Elwafi, molto noto nella Global Sumud Flotilla, secondo cui non c’era da aspettarsi nulla di diverso da un arabo di fronte agli slogan queer nella flottiglia, spiegando che per loro quella causa così “viene profanata“. La tesi è che la Palestina, essendo in primis la causa dei musulmani, non possa essere separata dalla dimensione spirituale e religiosa.