Importante anniversario per la Fondazione San Benedetto, che verrà celebrato oggi a Brescia con un incontro: “Vent’anni di vita e di amicizia”

“Vent’anni di vita e di amicizia”. È il titolo dell’incontro con cui oggi a Brescia, a Palazzo della Loggia, cuore della vita civile della città, la Fondazione San Benedetto festeggia i suoi primi vent’anni di presenza. È soprattutto un’occasione per richiamare l’attenzione e rilanciare il confronto sui corpi intermedi e sul loro ruolo nella società.



Questa in fondo, nel suo piccolo, è stata anche l’esperienza della San Benedetto. Per il suo ventennale è stato realizzato un libro che ne ripercorre la vita attraverso i fatti salienti, i tantissimi incontri, i molti aiuti messi in campo sui fronti più diversi. Alla luce di questa storia la fondazione viene definita “un esempio riuscito di una sussidiarietà vissuta che è arrivata sino alla conseguenza pratica di scegliere per la sua attività di non dipendere in alcun modo da sovvenzioni, contributi o qualunque altra forma di aiuto proveniente da enti pubblici”.



Nata nel 2005 come espressione di un’amicizia fra alcune persone provenienti dall’esperienza della Compagnia delle Opere e desiderose di sperimentare gli insegnamenti di don Luigi Giussani, è cresciuta in modo creativo, senza un programma predefinito, incontrando la simpatia di importanti imprenditori come Attilio Camozzi o Enrico Consoli, ma anche di un personaggio come il notaio Giuseppe Camadini, presidente dell’Istituto Paolo VI e figura di riferimento del mondo cattolico bresciano e non solo.

Le radici della San Benedetto sono bresciane e milanesi, con il presidente della fondazione Graziano Tarantini a fare da trait d’union fra le due città. Nelle pagine del libro scorrono i momenti più significativi di una storia, ma subito si percepisce che non siamo di fronte a una successione di attività, di cose fatte o di progetti realizzati che da soli, per quanto belli e interessanti, si esaurirebbero in sé stessi. Sottotraccia c’è sempre un’amicizia che continua, che crea relazioni e si traduce in una capacità di giudizio originale. Più volte ricorre il tema dell’educazione, che insieme alla parola sviluppo fa da sottotitolo al nome della fondazione.



È questo l’orizzonte in cui si muovono iniziative come la Scuola di Sussidiarietà (13 edizioni), nata per formare i giovani interessati all’impegno sociale e politico, o il Mese Letterario (15 edizioni con una media di 600 presenze), un percorso di incontro con i grandi autori della letteratura che è diventato uno straordinario veicolo per riscoprire il valore della lettura. Un’iniziativa “benedetta” con una lettera autografa anche dal presidente Mattarella.

Poi ci sono i progetti di aiuto come la ricostruzione di una palazzina distrutta dai bombardamenti ad Aleppo in Siria, ridando così un tetto a otto famiglie, o nei campi profughi in Libano; progetti seguiti personalmente da Paolo Fumagalli, tra i fondatori della San Benedetto, scomparso da pochi mesi. Aiuti che oggi stanno continuando con nuove iniziative sempre attente alla valorizzazione delle persone, specie di quelle più fragili. E ancora c’è la collaborazione con la Poliambulanza, uno dei pochi grandi ospedali non profit, nel segno di una sintonia che trova nella sussidiarietà il suo punto genetico. Nella pagina che segue, tratta dal libro Fondazione san Benedetto 2005-2025. Storia di un’amicizia, di incontri veri e di una passione inquieta, curato da Piergiorgio Chiarini, è descritto l’ambiente in cui l’esperienza della San Benedetto ha preso forma.

“Esiste ancora l’amicizia? Probabilmente sì, anche se pare sia diventata un bene raro. E pure le semplici relazioni umane, nell’era delle connessioni continue e senza limiti, sembrano sempre più difficili e faticose. Sopravvivono obbligate da ragioni di tipo funzionale (rapporti di lavoro, convergenze di interessi, ecc.). Bisogna rassegnarsi a questo scenario oppure ci può essere altro? È la scommessa della Fondazione San Benedetto. Per assaggiare il sapore di questa sfida basterebbe andare un qualunque giovedì sera nella sede di Borgo Wührer a Brescia. Si ritrovano tutti coloro che, in modo del tutto libero, si sono coinvolti più direttamente con l’attività della fondazione. Le porte sono aperte.

Ci si incontra come una volta accadeva nei circoli, in qualche bar o nelle sezioni di partito. Non c’è un ordine del giorno predefinito. A tema c’è l’esperienza della vita, che diventa confronto su quanto succede, racconto di incontri, condivisione di domande, di proposte o di problemi. Lì prendono forma anche le iniziative pubbliche che la fondazione mette in cantiere, ma l’organizzazione dei cosiddetti eventi non è mai fine a sé stessa. Questi nascono solo dalla passione di far conoscere a tutti storie e personalità che hanno qualcosa di significativo da comunicare, qualcosa di utile per la vita comune e di ciascuno.

In particolare dopo la pandemia si è voluto ripartire anzitutto da qui, dalla fondazione come luogo di incontro reale, ‘in presenza’, dove le persone possono parlarsi e vedersi. Anche lo stesso ritrovarsi in fondo non è qualcosa di scontato, come tutti abbiamo potuto sperimentare durante il lockdown nel 2020 e 2021. Ripercorrere i vent’anni di vita della San Benedetto, attraverso alcuni passaggi salienti, vuol dire raccontare soprattutto questa esperienza. Un percorso non certo lineare, semplicemente perché è la vita a non esserlo, fatta di alti e di bassi, di incontri sorprendenti e di svolte imprevedibili”.

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