VIA RASELLA E FOSSE ARDEATINE, PARLA LA FIGLIA DI UNA VITTIMA: LE COLPE DEI PARTIGIANI
Dopo la commemorazione per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, le parole del Presidente del Senato Ignazio La Russa sull’attentato partigiano in Via Rasella a Roma (23-24 marzo 1944) hanno scatenato un autentico putiferio a livello politico: «Via Rasella una pagina tra le meno nobili della Resistenza», aveva osato sottolineare il Presidente del Senato a “Libero Quotidiano”, scatenando le ire della sinistra e dell’ANPI. Le scuse dello stesso La Russa e l’intervento della Premier Meloni («una sgrammaticatura istituzionale, ma ha chiesto scusa») non hanno spento le polemiche e ora è la figlia di una delle 335 vittime innocenti nell’eccidio delle Fosse Ardeatine a provare a mettere ordine su quanto avvenuto realmente nel marzo 1944.
«Mio padre è stato ucciso dai tedeschi ma sono stati i “gappisti” a volere la rappresaglia»: è netta Liana Gigliozzi, 82enne, all’epoca dei fatti appena una bimba di 3 anni che perse il padre per la rappresaglia nazifascista brutale in risposta all’attentato partigiano di Via Rasella. Il padre Romolo Gigliozzi venne catturato perché ritenuto tra i responsabili della bomba partigiana che uccise 33 soldati altoatesini della “Bozen” (ma anche due civili innocenti): «Dicono che era schedato come socialista ma in realtà non c’entrava nulla. Uscì dal bar che stava proprio sulla via, preoccupatissimo, per cercare me e mio fratello dopo il boato…», spiega la donna a “Libero Quotidiano”, «fu il 55esimo martire delle Fosse Ardeatine. Da quel giorno è come se fosse morta tutta la mia famiglia. E con la nostra, tutte le altre delle 334 vittime».
LILIANA GIGLIOZZI: “SINISTRA CONTRO IL GOVERNO? HANNO RAGIONE MELONI E LA RUSSA”
Secondo Liliana Gigliozzi quella rappresaglia fu in qualche modo “provocata” e voluta dai partigiani comunisti dei GAP: «Ho il ricordo personale di mia madre. La sera dell’attentato, dopo poche ore, ci fu un comunicato radio: spiegava che doveva presentarsi il responsabile dell’attentato onde evitare la rappresaglia. Responsabile e responsabili che ovviamente non si sono mai presentati. Pensi che si era fatto avanti anche mio zio Domenico, scapolo: “Prendete me a posto di mio fratello che ha due bambini piccoli”. I tedeschi non accettarono. Il risultato è storia: dieci italiani uccisi per ogni soldato tedesco». Non fu affatto un atto eroico, secondo la donna che porta avanti da decenni il suo tentativo di verità storica sui fatti romani del 23-24 marzo 1944: «La guerra era di fatto finita, Roma era stata dichiarata “città aperta”. Che atto eroico è stato? Buttare una bomba su trentatré altotesini?».
L’attentato di Via Rasella, aggiunge Gigliozzi, non ebbe alcun risvolto politico di sollevazione contro i tedeschi, come invece racconta la testimonianza e storiografia della Resistenza: «non ha avuto nessun risvolto a livello politico. Sempre se in realtà – come sostengono alcune tesi – l’obiettivo dei gappisti non fosse quello di far colpire l’altra cordata, non comunista e interna alla stessa Resistenza. Il risultato, per ciò che mi riguarda, è che sono cresciuta senza padre». In merito alle polemiche politiche di queste settimane, Liliana non ha dubbio su dove schierarsi (confermando anche il suo passato di sostenitrice della attuale Premier da candidata alle Comunali di Roma): «La Russa ha perfettamente ragione. Di che gloria dovremmo parlare? Dietro a quell’azione il prodotto furono le vedove e i bambini rimasti orfani». Non solo, quando Meloni ha raccontato nei giorni scorsi che le vittime delle Fosse Ardeatine sono innocenti massacrati solo perché italiani, per Liliana Gigliozzi «ha detto la verità. Che cosa vogliono dimostrare i critici? Non era vero? Ne presero dieci per ogni tedesco. Non solo antifascisti. Furono ammazzati in quanto italiani, a prescindere dalla loro appartenenza politico o religiosa. Mio papà stava al bar, era socialista ma è morto con la giacca bianca da lavoro…».