È una fresca mattina di primavera del 1950. Siamo a Parigi, davanti al municipio. Il ricordo dell’occupazione tedesca della città e della guerra è una ferita ancora aperta, ma si cerca di ripartire e di lasciarsi quel doloroso passato alle spalle. Una giovane coppia sulla trentina – lui in giacca, con i capelli arruffati e una sciarpa al collo, lei vestita con modesta eleganza – si scambia un bacio appassionato, incurante della folla dei passanti e delle automobili che circolano. Autore dello scatto in bianco e nero, Le baiser de l’Hôtel de Ville, diventato subito celebre, incoraggiante segno di speranza ritenuto tra le fotografie-simbolo del XX secolo, è Robert Doisneau (1912-1994), fino ad allora praticamente uno sconosciuto. Studi da litografo, inizialmente impegnato nelle foto pubblicitarie come reporter di moda e architettura, in seguito si dedica alla fotografia industriale per la Renault. Dopo aver militato nella Resistenza, nel dopoguerra sceglie di rendersi indipendente e di seguire un percorso personale. L’anno prima, nel 1949, aveva pubblicato il libro fotografico, La Banlieue de Paris, il primo di una lunga serie.
A lungo l’iconico bacio en plein air è stato considerato “rubato”, non preparato, con i protagonisti colti di sorpresa, come in fondo amava fare spesso il fotografo francese. In realtà quella volta non andò così. Stava realizzando un servizio per la prestigiosa rivista Life, con cui collaborava; notò i due ragazzi che si scambiavano tenere effusioni e chiese loro di posare per lui, dandosi un bacio. Si saprà in seguito che erano Françoise Bornet, che studiava teatro, e il suo fidanzato Jacques Carteaud. A distanza di quasi 75 anni da quella mattina, e a 30 dalla sua scomparsa, Doisneau è ancora identificato solo come l’autore di quel famosissimo scatto. Ma in realtà ha passato gran parte della sua vita con la macchina fotografica in mano o montata sul cavalletto ritraendo, con sguardo umile e a tratti ironico, la società del suo tempo, a partire dalla gente comune e privilegiando la città di Parigi come fondale ideale. Bene hanno fatto quindi i curatori a titolare Non solo un bacio s’il vous plaît! la mostra aperta fino al 2 febbraio al Palazzo della Meridiana di Genova. Sottotitolo: La poesia fotografica di Doisneau.
Grazie a un’ottantina di sceltissime fotografie, provenienti dall’Atelier Robert Doisneau di Montrouge, gestito dalle figlie e che conserva decine di migliaia di negativi della produzione di un’intera esistenza, possiamo ammirare una selezione significativa e affascinante delle sue opere: immagini che incantano per la loro genuinità e originalità, rivelando la profondità e la sensibilità del suo sguardo. Sono momenti magici catturati durante le camminate senza fine nella capitale francese: le strade, i giardini lungo la Senna, i bistrot, i negozi, le case con i momenti di intimità familiare e gli atelier degli artisti; in breve, ovunque ci fosse vita, la normalità della vita, lui era lì pronto a scattare. Per Doisneau “le sorprese della vita sono molto emozionanti; nessun regista può inventare tutte le cose inaspettate che si trovano per la strada”. È proprio alla cultura di strada che il fotografo transalpino conferisce importanza e dignità, immortalando con straordinaria empatia soprattutto le persone comuni nella loro esistenza quotidiana, con una particolare attenzione per i bambini, di cui coglie momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori.
Cosi, accanto alle giovani donne un po’ sfacciate che si godono il sole sedute ai tavolini di un caffè di rue Boulard, ai due impacciati gentiluomini che si tengono la bombetta in rue Royale per evitare che una folata di vento autunnale la porti via, all’ultimo valzer di una coppia che festeggia il 14 luglio, ai raccoglitori di carbone lungo il canale Saint Denis, al corteo nuziale in marcia su una strada di campagna e alla signora di Bercy attorniata dai gatti, nella mostra genovese spiccano le numerose fotografie firmate da Doisneau in cui sono protagonisti i fanciulli, ritratti con simpatia e quasi sempre con una leggera arguzia. Ci colpiscono la compostezza e l’attenzione dei piccoli alunni seduti ai banchi di scuola e l’attraversamento della strada di un buffo gruppo di bambini che si tengono per il grembiulino, mentre ci fanno sorridere i monelli che suonano furtivi il campanello di un’abitazione per poi scappare a gambe levate e i due fratelli che da autentici acrobati camminano con destrezza reggendosi sulle mani in rue du Docteur Lecène, fino alla gioiosa scena dei piccoli che ballano in cortile durante la ricreazione.
Doisneau, nato e cresciuto nel sobborgo operaio di Gentilly, dà inizio alla professione di fotografo ritraendo le botteghe del suo quartiere, la Parigi popolare più autentica al lavoro o in festa, nei boulevards o nei locali notturni. Ma nella sua lunga carriera non manca di puntare l’obiettivo anche su personaggi famosi, célebrités che frequentano la Ville Lumière: tra gli altri Simone de Beauvoir, Giacometti, Braque e Cocteau. Il Palazzo della Meridiana ospita i “ritratti” dello scrittore Raymond Queneau mentre passeggia sotto la pioggia, del pubblicitario Savignac nel suo studio e di Fernand Léger in mezzo ai suoi quadri. Tutti colti in momenti normali della loro giornata, come pure Picasso seduto a tavola e Jacques Prévert davanti a un calice di vino. Il fotografo parigino che si definiva un “pescatore di momenti” provò una volta a chiarire la sua poetica dell’immagine, ciò che lo muoveva nel suo particolare modo di cogliere la realtà. “Quello che io cercavo di mostrare”, affermò, “era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere”.
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