L’omicidio di Francesca Alinovi, noto alle cronache come “il delitto del Dams“, fu scoperto il 15 giugno 1983 quando il corpo senza vita della docente e critica d’arte 35enne venne rinvenuto all’interno del suo appartamento di via del Riccio, a Bologna. Secondo la ricostruzione, Francesca Alinovi era morta da 3 giorni e fu colpita con 47 coltellate. Per l’omicidio Alinovi fu condannato in via definitiva Francesco Ciancabilla detto “Frisco”, allora 24enne, pittore nonché allievo e amante della vittima. Per 10 anni, ricostruisce Il Resto del Carlino, l’uomo avrebbe vissuto da latitante all’estero per sfuggire a una condanna che avrebbe sempre ritenuto ingiusta.
In primo grado fu assolto. L’Appello avrebbe ribaltato il verdetto, stabilendo a suo carico una sentenza a 15 anni di carcere poi confermata in Cassazione. Rintracciato e arrestato, Ciancabilla sarebbe rimasto in cella dal 1996 al 2005, anno in cui avrebbe finito di scontare la sua pena e sarebbe stato scarcerato. Oggi, come ieri, Francesco Ciancabilla continua a sostenere la sua totale estraneità all’omicidio di Francesca Alinovi, è tornato a dipingere e sul suo sito web ha tracciato un breve ritratto dell’iter giudiziario che lo vide coinvolto in prima persona.
Omicidio Francesca Alinovi, le parole di Francesco Ciancabilla sul delitto del Dams
40 anni dopo l’omicidio di Francesca Alinovi per cui fu condannato in via definitiva, Francesco Ciancabilla, aka “Frisco”, continua a dirsi innocente. Nato a Napoli nel 1959, si definisce un “artista, traduttore, insegnante di lingue, globetrotter” ed è tornato in Italia nel 2011 per riprendere la sua carriera di pittore. Tra il 1996 e il 2005 la detenzione per il delitto di cui è stato accusato e per cui si è sempre detto estraneo. La sua versione della storia è racchiusa nelle righe sul caso di Francesca Alinovi incastonate nella biografia pubblicata sul suo sito web: “Nel 1983 per una serie di disgraziate coincidenze (tra cui l’imperizia degli inquirenti e l’invidia di alcuni giovani artisti) verrò prima indiziato e alcuni anni dopo condannato per un infamante delitto per il quale ho sempre rivendicato la mia totale estraneità“.
Ciancabilla, ritenuto dalla giustizia responsabile dell’atroce morte di Francesca Alinovi, ha raccontato di essere stato “costretto a lasciare l’Italia ed iniziare una lunga latitanza (…) dapprima in Brasile, poi in Argentina e infine in Spagna”. Attorno alla figura del pittore si sono addensate le tesi di innocentisti e colpevolisti, e da decenni il caso di Francesca Alinovi cova ombre destinate a restare tali. Allora 35enne, l’insegnante del Dams e critica d’arte fu uccisa nel suo appartamento. Colpita con 47 coltellate di cui soltanto una, alla gola, avrebbe potuto essere mortale. Secondo la ricostruzione riportata dal Corriere della Sera, Francesca Alinovi sarebbe stata attinta da fendenti che avrebbero provocato, tranne l’ultimo, plurime ferite superficiali nello spettro di una terribile agonia. Stando a quanto emerso, però, sarebbe morta non per dissanguamento ma per soffocamento. Due cuscini intrisi di sangue a impedirle di respirare.