La partita sulle impronte di Garlasco potrebbe non avere alcuna conclusione: secondo il genetista Capra le tracce prelevate sulla scena sono contaminate
Continuano a susseguirsi rapidissime le indiscrezioni, le mezze notizie e — forse soprattutto — le voci attorno alla nuova indagine sul delitto di Garlasco, con gli investigatori della procura pavese che stanno mantenendo un riserbo assoluto, mentre sembrano puntare tutto sulla figura di Andrea Sempio: l’idea alla base del fascicolo — ancora tutta da dimostrare — è che dietro all’omicidio di Chiara Poggi potrebbe non esserci stato il già condannato in via definitiva Alberto Stasi (peraltro prossimo al fine pena dopo una condanna a 16 anni), oppure che, assieme a lui, sulla scena ci fosse almeno un’altra persona; forse, appunto, proprio Andrea Sempio, all’epoca dei fatti di Garlasco amico stretto del fratello della vittima.
Per ora le certezze sulle quali sembrano star puntando gli inquirenti sarebbero almeno due: da un lato la famosa traccia di DNA sotto alle unghie di Chiara Poggi, attribuita già all’epoca delle prime indagini su Garlasco a Sempio e ritenuta all’epoca incompatibile con la dinamica omicidiaria; mentre, dall’altro lato — e questo è legato a una perizia di parte dei difensori di Stasi — ci sarebbe anche l’impronta 33 del palmo della mano di Sempio sulla parete vicino in cima alle scale, da cui venne buttato giù il corpo di Chiara dopo la violenta aggressione.
La tesi del genetista Capra sulle impronte di Garlasco: “Sono contaminate perché venne utilizzato un solo pennarello”
Oltre all’impronta 33 — peraltro forse andata distrutta dopo che la sentenza contro Stasi passò in giudicato, secondo la normale prassi di eliminazione delle prove —, l’attenzione da poco è passata anche sull’impronta 10, posizionata sul lato interno della porta di casa Poggi, mai attribuita a nessuno e potenzialmente insanguinata: tutti aspetti che vanno verificati nel dettaglio, per capire se le impronte siano ancora analizzabili, se contengano il DNA della vittima e se siano attribuibili — sempre ipoteticamente — a Sempio o a qualche altro soggetto mai indagato.
Proprio sul tema delle impronte è intervenuto in questi giorni, sulle pagine di AdnKronos, il genetista Marzio Capra — consulente di parte per la famiglia Poggi —, ipotizzando che i para-adesivi usati dagli inquirenti possano essere contaminati, rendendo le tracce del tutto inutili: “L’ipotesi — spiega il genetista — è che, non avendo utilizzato pennarelli singoli” per ognuna delle tracce prelevate sulla scena, potrebbe essersi stato “un trasferimento di materiale” da una all’altra, tale da comprometterne la rilevanza; mentre sull’impronta 33 la sua ipotesi è che l’intonaco sia ormai inutilizzabile perché “interamente consumato nel tentativo di trovare del DNA” durante le prime indagini su Garlasco.