Il G7 del 19 febbraio verrà ricordato come una delle sessioni particolarmente importanti degli incontri collegiali tra i Capi di Stato e di Governo dei Paesi industrializzati ad alto reddito medio. Si riallaccia per molti aspetti alle prime sessioni – quelle dell’inizio degli anni Settanta del secolo scorso – quando, su iniziativa del Presidente francese Valéry Giscard d’Estaing i “grandi” – come venivano chiamati all’epoca – si incontrarono al Castello di Rambouillet.
Allora, la determinante era non tanto uno scambio di vedute periodico sull’economia mondiale (come sarebbe spesso avvenuto in seguito), ma un’ esigenza puntuale: le prime due “crisi petrolifere” che richiedevano, anzi imponevano, una risposta coordinata a livello mondiale. Ora l’esigenza puntuale è come rispondere a una crisi sanitaria (ed economica) mondiale che si trascina da più di un anno e di cui non si vede ancora la fine. Si delinea, però, una possibile strategia: una campagna di vaccinazione internazionale (auspicabilmente mondiale) che potrà trasformare la pandemia in endemie localizzate che potrebbero essere affrontate con strumenti specifici.
Quindi, al G7 non sono stati affrontanti tanto i temi della finanza e del commercio mondiale, quanto quelli della messa in atto di una campagna di vaccinazione internazionale che contempli programmi e aiuti per i Paesi in via di sviluppo che, se esclusi di fatto dalle vaccinazioni, diventerebbero un focolaio permanente di Covid-19.
Ciò impone, non solo richiede, un approccio multilaterale per finanziare e coordinare la campagna mondiale di vaccinazione. Il ritorno al multilateralismo è particolarmente importante dopo circa dieci anni in cui sembravano prevalere gli accordi e le intese bilaterali in materia di politica economica internazionale. Negli Stati Uniti, la Presidenza Trump ha esaltato il bilateralismo. Non è stato, però, il solo Paese. Si pensi al disinvolto Memorandum of Understanding concluso tra Italia e Repubblica Popolare Cinese o agli accordi sul gasdotto Nord Stream 2 tra Repubblica Federale Tedesca e Federazione Russa.
Il ritorno al multilateralismo per combattere la pandemia ha implicazioni molto vaste anche in materia di economia, finanza e commercio. Il 20 febbraio, su WorldPress, l’economista austriaco Kurt Bayer ha ricordato le sfide di finanza pubblica innescate dal Covid-19. Possono essere affrontate singolarmente dai singoli Paesi o richiedono un approccio multilaterale? In seno all’unione monetaria europea, si è per ora “sospeso” il Patto di stabilità e crescita, ma è in corso una “discussione”, non ancora un negoziato vero e proprio, per definire nuove regole aggiornate e, quindi, modificate. Il problema della crescita del debito delle pubbliche amministrazioni a ragione delle politiche di bilancio causate dal Covid-19 non riguarda solamente “club” come l’unione monetaria europea, ma ha dimensioni mondiali.
Sconfitta la pandemia grazie a una campagna vaccinale mondiale, occorrerà riscrivere “le regole del gioco” in materia di economia e commercio internazionale. Vari think tanks europei e americani parlano di una nuova Bretton Woods. Non ci sono ancora iniziative ufficiali. Potranno venire in autunno al G20 a Roma il 30-31 ottobre. Oppure al G7 del 2022.
Le conclusioni del G7 in materia vaccinale hanno anche implicazioni interne: occorre chiedersi se il piano vaccinale italiano molto criticato da alcune forze politiche può essere migliorato facendo, se del caso, cambiamenti al vertice.
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