È un’analisi lucida e profonda quella che propone il giornalista Claudio Risé sulle colonne del quotidiano “La Verità” nella giornata di oggi, domenica 4 luglio 2021, circa un argomento estremamente delicato e attuale, come quello dei “giovani killer“, i ragazzi delle nuove generazioni che si trasformano clamorosamente in assassini dei propri genitori o dei propri coetanei e finiscono per occupare con i loro nomi le pagine di cronaca nera. Il cronista parla di loro come di persone che faticano a scendere dal proprio letto, ma che poi sono disposti a tutto, anche a farne e pensarne una più del diavolo.
Fra gli esempi citati da Risé, figurano Benno Neumair, autore del duplice omicidio dei suoi genitori Peter e Laura Perselli a Bolzano, ma anche due delle tre figlie di Laura Ziliani, ex vigilessa di Roncadelle, indagate per l’uccisione della loro madre e successivo occultamento di cadavere. Da dove nascono tanta crudeltà e spietatezza? Secondo l’autore dell’articolo, dalle difficoltà del mondo quotidiano, nel quale “il cuore si chiude”. Perché questo accade? “In una società dove l’unico valore riconosciuto è il denaro, senza un’autentica affettività attiva e socialmente apprezzata e protetta, i genitori diventano coloro che impediscono ai figli di godere del patrimonio familiare”. E, di conseguenza, vanno eliminati.
“GIOVANI KILLER ALLONTANATI DA DIO DAL POTERE”
Su “La Verità”, Claudio Risé approfondisce ulteriormente le sue elucubrazioni circa i cosiddetti giovani killer, menzionando anche il caso di Chiara Gualzetti, la quindicenne di Monteveglio, paese del Bolognese, accoltellata a morte da un 16enne, il quale ha raccontato agli inquirenti di avere ricevuto l’ordine di ucciderla da parte di un demone. “Paranoia da cannabis?”, si chiede Risé, dandosi poi una risposta: “Forse, ma forse anche no. Perché quando Dio viene allontanato a forza dal sistema di comunicazione ed educazione del potere, al suo posto subentrano naturalmente le pulsioni irrazionali e aggressive”.
La società odierna, in conclusione, soffre della “sindrome del cuore chiuso”, già perfettamente identificata dal filosofo Dietrich von Hildebrand ne “L’arte di vivere” e che si origina dal fatto che le società contemporanee tendono a modellarsi sulle masse, come descrisse Hannah Arendt, testimone diretta delle persecuzioni naziste. E, purtroppo, le masse non hanno un cuore, ma pulsioni che le dominano.