Si è chiuso ieri con la messa del Papa il Giubileo dei giovani. Un'avventura di fede e una "consegna" quella di portare Dio nel mondo cambiando se stessi

Spes non confundit, la Speranza “che non delude”, è la formula che apre il mondo al Giubileo 2025, declinata nelle “12 parole per dire speranza” tratte dal sussidio CEI Pellegrini di speranza: coraggio, soglia, riscatto, abito, responsabilità, coscienza, senso, scoperta, promessa, popolo, gioia piena, abbraccio.



Parole cariche di vita che in questo anno giubilare sono “portate” da quanti singolarmente o con la collettività di appartenenza attraversano i luoghi del Giubileo, condividendo un’esperienza di rinascita e respirando la pluralità culturale che attraversa le strade di Roma.

Nella settimana appena trascorsa, il testimone di questa staffetta di speranza è passato nelle mani delle nuove generazioni, con l’evento del Giubileo dei giovani. Accanto ai numeri che attestano la capacità attrattiva del pellegrinaggio per milioni di ragazzi provenienti da tutto il mondo, il Giubileo della gioventù offre una chiara testimonianza di coesione generazionale in uno scenario globale dilaniato da conflitti.



Il motivo del “camminare insieme” suggerisce una postura esistenziale e definisce l’orizzonte di un percorso di continuo incontro tra esistenze che, nella comprensione del valore della complementarità, propongono un cambiamento duraturo e rigenerativo per l’umanità.

Si rinnova così quel desiderio di riforma collettiva invocato nella GMG di Colonia del 2005 da Benedetto XVI che parte dalla consapevolezza che per riconoscere Dio nel mondo è necessario cambiare sé stessi attraverso l’incontro con l’Altro.

La portata trasformativa dell’evento emerge dalle occasioni relazionali messe in campo, tese a far entrare il pellegrino in un’atmosfera di spiritualità viva e feconda: dall’esperienza di accoglienza vissuta dai circa 120mila alla Santa Messa di benvenuto in piazza San Pietro del 29 luglio, alla scoperta dei luoghi attraverso il “dialogo con la città”, passando per la Giornata penitenziale al Circo Massimo dedicata al Sacramento della Riconciliazione, fino alla Veglia di preghiera a Tor Vergata con musica e testimonianze e all’incontro con Papa Leone XIV nella Santa Messa di domenica 3 agosto.



Accanto alla componente spirituale, emerge il profilo programmatico che storicamente caratterizza l’evento. La “generazione Wojtyła”, a cui Giovanni Paolo II affidò in occasione del Giubileo del 2000 il mandato di essere “sentinelle del mattino” nell’alba del terzo millennio, è oggi più che mai chiamata a rifuggire ogni forma di strumentalizzazione tesa alla violenza e alla disgregazione.

Risuona urgente il rinnovo della promessa di un instancabile impegno nella costruzione della pace, che non si rassegna al cristallizzarsi delle disuguaglianze e delle povertà alimentari, educative e climatiche e che difende la vita in ogni momento per rendere la terra “un luogo più abitabile per tutti”.

Una motivazione generazionale che rifletta una Chiesa incardinata allo spirito di fraternità universale, configurata e testimoniata da Francesco nel suo mandato. Una Chiesa fondata sul principio dell’inclusione, Madre di “Tutti”, in cui nessuno è inutile, superfluo, su cui il Signore apre le sue braccia.

Significativo è anche lo spazio che, nel Giubileo dell’era digitale, trova il tema della solitudine globale. Una Chiesa dei “piccoli mai soli” è la formula usata da Papa Leone XIV nell’incontro con giovani peruviani, esemplificata dalle immagini evangeliche del granello di senape e del lievito.

Uno spazio di amicizia universale in cui ogni giovane, con la forza della vita che porta dentro di sé, può trasformarsi e trasformare, crescere, servire secondo la propria vocazione e dare frutto, diffondendosi come il cespuglio di senape e fermentando come il lievito.

Nel grido multilingue per la pace, le parole del Pontefice incoraggiano i giovani a farsi dono, rendendosi sale della terra e luce del mondo presso un’umanità che ritrova il proprio senso nel dare forma nuova alla speranza. Una speranza che si rifrange nel sorriso e nell’entusiasmo autentico di chi, con uno zaino in spalla, raccoglie una volontà collettiva di pace per riseminare giustizia e fraternità nei luoghi del proprio quotidiano.

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