Proprio ieri il Procuratore della Repubblica di Napoli Gianni Melillo ha usato queste parole per definire il fenomeno della camorra oggi: “Spesso dei fenomeni criminali di grande rilievo e complessità è fornita una rappresentazione banalizzante e fuorviante”. E poi ha proseguito: “Napoli non è solo la città delle stese, dei vicoli dove esplode la violenza in modo spesso gratuita e plateale, ma è anche il territorio dove da decenni si confrontano cartelli criminali in grado di produrre ricchezza e consenso”.
Basterebbero queste parole per chiudere una volta per tutte l’annoso dibattito se Gomorra – la serie italiana di maggior successo nel mondo – ha fatto del bene o del male alla città. L’unica cosa su cui si dovrebbe essere tutti d’accordo è che la camorra esiste e parlarne, in ogni modo, è l’unico modo per combatterla. Esistono gruppi di giovani che si combattono tra di loro usando la violenza senza limiti? La risposta è sì. Esistono quei quartieri degradati, abbandonati, disumani che vediamo nella serie tv in cui vivono persone povere e dimenticate come nelle Vele (ancora in piedi) di Scampia? La risposta è sì. Esiste quel contesto di degrado umano e sociale in cui droga e violenza crescono in un ambiente dove le cose buone nascono e muoiono come alberi piantati nel deserto? Sì, esiste anche quello.
E allora, quale colpa vorremmo assegnare al racconto di una serie tv? Gomorra è una storia di fantasia ispirata a fatti realmente accaduti. Se inizialmente il racconto della famiglia Savastano, di don Pietro, di donna Imma, del giovane Genny, riguardava le vicende reali della cosca che controllava Secondigliano, con il passare del tempo la storia ha perso ogni riferimento alla realtà. Si è spostata di più sulla solitudine umana dei protagonisti, le contraddizioni e le miserie delle loro vite di camorristi. Le atmosfere si sono fatte più buie, dense di rancore, di violenza gratuita, di disumanità.
Dopo 4 stagioni e un film – necessario per raccontare come l’Immortale sia poi sopravvissuto anche al colpo ravvicinato sparato da Genny nella terza stagione – la serie si avvia ora verso il gran finale. Don Gennaro Savastano, ripudiato da Azzurra, ha perso la famiglia e con essa ogni illusione di rifarsi una vita pulita. Ritenta da dove il padre aveva fallito, e cioè riconquistare il suo fortino di Secondigliano. L’unico luogo dove si sente realmente a casa. Anche se è costretto, braccato dalla polizia e dai nemici di quello che resta della famiglia Levante, in un bunker costruito in un sottoscala delle Vele.
Saputo che Ciro Di Marzio è sopravvissuto e vive in Lettonia, Genny lo raggiunge e – in nome di una strana idea di amicizia e di tradimento – cerca di eliminarlo. Costringendo così l’Immortale a lasciare la sua nuova vita e a tornare a Napoli, dove rimette in piedi l’organizzazione di fedelissimi, a cominciare proprio da Sangueblù. Il rapporto di odio e di amore tra Ciro e l’ultimo dei Savastano stavolta pende decisamente verso il risentimento e non può che condurre entrambi alla vendetta e a uno scontro duro e fraticida. Le altre bande che presidiano il territorio napoletano possono solo schierarsi con l’uno o con l’altro, costrette così a scommettere su chi dei due alla fine sopravviverà.
Tra i nuovi protagonisti della quinta stagione emergono come figure principali ‘O Maestrale, il boss di Ponticelli, interpretato da Domenico Borrelli, e l’astuta moglie donna Luciana, interpretata da Tania Garribba. Carmine Paternoster veste invece i panni di un’altra figura centrale, ‘O Munaciello, uno dei capi piazza di Secondigliano. Tutti aiuteranno Genny Savastano a riconquistare il predominio nel suo vecchio quartiere.
Ma la parte da leone nella quinta stagione è riservata ai due protagonisti di sempre. Marco D’Amore (ricevuto nel frattempo un Nastro d’argento come miglior regista esordiente per L’Immortale) ha curato anche la regia dei primi quattro episodi e il suo è un grande ritorno. Così come Salvatore Esposito nei panni di Genny Savastano ha ormai raggiunto un livello di immedesimazione nella parte sicuramente efficace. Resta solo il dubbio di vederli entrambi nel prossimo futuro, orfani della loro serie tv, trovare nuovi ruoli adatti al loro profilo.
La produzione come sempre è di Sky in collaborazione con Cattleya e Fandango. I primi 4 episodi sono disponibili in streaming su NowTv, mentre è totale il riserbo sulla trama delle prossime puntate. Dovremo attendere i successivi tre venerdì (il 17 dicembre sono in programma gli ultimi due episodi) per conoscere l’esito del duello. Ma Gomorra continuerà a far parlare di sé, nel bene e male, ed il suo inconfondibile merito rimarrà quello di aver con coraggio parlato di camorra.
Serve ricordare a questo punto le parole dell’Arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia: “La prima mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel puntare il dito senza fare nulla, nel girarsi dall’altra parte”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.