GOVERNO E GREEN PASS/ “Ecco la formula giusta che serve a Draghi”

- int. Antonio Pilati

"Spingere troppo sul pedale del controllo sociale non fa bene all'economia dell'Italia. Il governo cerca la formula giusta, camminiamo sul filo del rasoio"

palazzochigi governo 2 lapresse1280 640x300 Palazzo Chigi (LaPresse)

Occhi puntati del Viminale sulle manifestazioni per la libertà vaccinale che si terranno domani in contemporanea in molte piazze italiane. Ci sono prefetti pronti a individuare e denunciare i partecipanti. Intanto la variante Delta aumenta i contagi: +3.117, e anche le terapie intensive: +4 rispetto a ieri. Cifre irrisorie, soprattutto queste ultime? Poco importa. L’attenzione del governo è tutta sul pass vaccinale e su come vaccinare più gente possibile: tra poco l’obbligo toccherà ai docenti di elementari, medie e superiori. Secondo Antonio Pilati, saggista, ex componente dell’Agcom e dell’Antitrust e autore nel 2018 de La catastrofe delle élite (Guerini), il governo ha paura e si vede. Pilati non è no vax: definisce i vaccini “l’arma migliore che abbiamo”. Il nodo è politico. “Non è il green pass in se stesso il problema, ma il modo autoritario in cui lo si fa passare”. E le conseguenze sulla fiducia potrebbero essere importanti.

Siamo passati in un attimo dall’euforia per gli europei ad un clima di allarme generale. Che cosa è cambiato in così poco tempo?

Siamo in una situazione molto complicata: la variante Delta ha aumentato l’incertezza e la paura. Non solo in Italia.

I marinai dell’Amerigo Vespucci hanno smentito Draghi. Erano tutti vaccinati, eppure a bordo sono stati rilevati 20 positivi.

È vero: vaccinarsi non impedisce di contagiare. Farei, se posso, una premessa più ampia.

Prego.

I vaccini sono stati messi a punto con una straordinaria rapidità, di cui va dato merito alla ricerca e alle case farmaceutiche. Ma ci sono due incognite. Una riguarda il Covid, l’altra i vaccini. Il virus è molto probabilmente una creazione artificiale. Vuol dire che è stato messo a punto per fare danni. A quel che vediamo di grande entità. Ha un potenziale di cui non si conoscono a fondo le caratteristiche.

Insomma non sappiamo abbastanza.

Sulle varianti navighiamo al buio: confidiamo nei vaccini che ci sono stati somministrati, ma temiamo, senza dircelo, che arrivi una variante ancora più cattiva capace di bucare la protezione.

Questo per quanto riguarda il Covid. E l’incognita vaccini?

Oltre alla loro capacità di fermare le varianti, non ne conosciamo in dettaglio tutti gli effetti, perché non c’è stato il tempo di fare una sperimentazione completa. Sono certamente l’arma migliore di cui disponiamo, tuttavia sono una risorsa di cui non si conoscono completamente gli effetti.

La comunicazione organica – vedi il pezzo di Buccini sul Corriere di ieri – riduce a trogloditi ed estremisti non solo i no vax, ma anche tutti coloro che sono per la libertà vaccinale. Perché?

Quando le idee non sono chiare – nella comunicazione, nella gente, nei governi – predomina la paura. E, diciamolo francamente, nelle società occidentali finora la comunicazione ha creato parecchia confusione. La situazione dei governi è molto difficile, perché vari elementi dell’emergenza sanitaria non sono ancora noti.

Quando parla di governi, a chi si riferisce?

In generale nei governi europei vedo il timore di perdere il controllo della situazione. In questi casi si cerca di agire rapidamente, in via preventiva.

Con il green pass.

È evidente che persuadere con gli incentivi è la via migliore e più liberale. Ma agire sui disincentivi, come il green pass, è più rapido. Però denota la paura di cui sopra e crea dei problemi.

Perché definisce il green pass non un incentivo ma un dis-incentivo?

Il green pass è un disincentivo perché tu, governo, minacci di rendermi la vita impossibile se non mi adeguo e mi vaccino. Però non è il green pass in se stesso il problema, ma il modo autoritario in cui lo si fa passare. Io ti faccio paura, tu ti vaccini per non essere trasformato in un paria della società.

Alternative?

Bisogna convincere le persone, non impaurirle. Serve un’informazione più coerente. C’è anche da dire che sugli altri fronti del contrasto al virus non si sono fatti progressi: sulla sanificazione dei trasporti siamo più o meno a gennaio 2020 e il tracciamento è rimasto solo sullo sfondo.

Nell’ultima conferenza stampa Draghi ha legato la mancata vaccinazione all’irresponsabilità e alla morte, propria e altrui. Che ne pensa?

Se la vaccinazione è l’unico modo per salvarmi, non so quello che potrà succedere e non ho tempo per convincere, allora drammatizzare è quasi una scelta obbligata. Con il rischio di ghettizzare.

A proposito di una manifestazione no vax, il prefetto di Brescia ha detto che non essendo autorizzata “i partecipanti saranno individuati e denunciati”. Sono da condannare tutte le manifestazioni, ha detto Lamorgese.

È una conseguenza di quello che ho detto. Il dissenso non assorbito alza il gradiente autoritario di un paese. Al tempo stesso, la paura rischia di indurre nella società un torpore democratico.

Letta promuove Salvini – vaccinandosi ha fatto “un passo avanti” – ma con riserva:  “la libertà è il vaccino, la logica no vax è illiberale e porta alla chiusura”. Propone un patto di maggioranza: “tutti i candidati siano immunizzati”.

Il Pd sta cambiando linea di comunicazione. Qualcuno deve aver spiegato a Letta che, essendo Salvini suo alleato di governo, attaccarlo ogni giorno era un modo poco efficace di sostenere l’Esecutivo. L’invito sui vaccini mi pare comunque un tentativo di metterlo in difficoltà politica.

Per la Lega le piazze non vanno osteggiate ma “ascoltate e capite”. Giusto o sbagliato?

Mi pare semplice buon senso. Il mestiere della politica è anche ascoltare i cittadini.

Regno Unito, Germania, Finlandia, Svezia, Olanda, Belgio sconsigliano il vaccino agli under 18, il governo Draghi invece intende andare esattamente in quella direzione. È la scelta giusta?

Non avendo nozioni tecniche sull’argomento mi è difficile rispondere. Questi Stati sono retti da governi che sono nostri alleati e di cui in altri contesti ci fidiamo.

All’inizio il green pass era uno strumento al servizio della libertà di circolazione in Europa. Adesso potrebbe avere anche altri obiettivi?

Il problema c’è, forse si può articolare diversamente. Il timore scatenante è che il virus possa sfuggire al controllo. Prima il messaggio era: vacciniamoci tutti così otterremo l’immunità. Abbiamo visto che non è vero: la variante Delta ha fatto saltare questa equazione. Da qui la corsa al green pass. Detto questo, si può ritenere che ai governi, soprattutto in una fase così incerta e complicata, avere strumenti di controllo più stretto della popolazione non dispiaccia affatto.

Non si completa un ciclo vaccinale dalla sera alla mattina. Più incertezza vuol dire meno consumi. Il passaporto verde non rischia di favorire quel “raffreddamento dell’attività economica” segnalato dal Centro studi di Confindustria?

La spinta alle vaccinazioni mediante disincentivi non credo abbia effetti benefici sull’economia. Ovviamente il governo fa una scommessa contraria: vaccinare tutti per aumentare in breve tempo la sicurezza e la vita sociale.

È scettico?

Se in Italia spingi troppo sul pedale del controllo sociale, la situazione economica rischia di precipitare. Ho la sensazione che il governo stia cercando di calibrare la formula giusta. Insomma, camminiamo sul filo del rasoio.

(Federico Ferraù)

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