A giugno, un peschereccio pieno di migranti in viaggio dalla costa libica verso l’Italia è affondato a 80 chilometri dalla città portuale greca di Pylos. Centinaia di persone sono morte e alcuni dei 104 sopravvissuti hanno mosso gravi accuse contro la guardia costiera greca: secondo le testimonianze, potrebbero addirittura aver contribuito a causare il ribaltamento, cominciando poi in ritardo le operazioni di salvataggio. Le autorità greche negano le accuse ma all’interno dell’UE, la pressione su Atene è aumentata in seguito al disastro. Il capo dell’agenzia europea per la protezione delle frontiere Frontex, Hans Leijtens, ha chiesto chiarimenti sul vero svolgimento dell’incidente e sulle accuse di brutali respingimenti illegali da parte dei funzionari di frontiera greci, documentati in questi ultimi anni da organizzazioni umanitarie e attivisti, spiega Süddeutsche Zeitung.
Leijtens ha implicitamente minacciato i greci che Frontex potesse ritirarsi dal Paese se Atene non dovesse collaborare. “A Pylos”, scrive il greco Investiga, “tutti sono diventati più morbidi”. Stessa impressione hanno avuto i volontari e attivisti che lavorano nella regione. L’organizzazione Aegean Boat Report, ad esempio, riferisce che la pratica dei respingimenti dalle isole greche “si è improvvisamente interrotta”. Continua invece, anche se in maniera ridotta, il respingimento delle persone in alto mare. Di recente, il numero di persone che arrivano sulle isole greche dell’Egeo dalla Turchia è aumentato in maniera significativa: da agosto sono state un centinaio in pochi giorni.
Nuovo accordo Grecia-Turchia-UE?
Stella Nanou, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in Grecia, parla di una situazione ancora “facilmente gestibile”. L’aumento, seppur notevole, è a livelli discreti rispetto al 2015 e al 2016, quando ogni giorno arrivavano sulle isole diverse migliaia di persone. Tuttavia, diversi centri di accoglienza greci sono già quasi pieni e ad Atene cresce il nervosismo. Il ricercatore sull’immigrazione Gerald Knaus ha avvertito, senza troppi giri di parole, che l’UE deve trovare urgentemente un nuovo accordo con la Turchia. Knaus, che ha contribuito allo sviluppo del fallito accordo UE-Turchia del 2016, vede nella situazione attuale un “pericolo” ma anche una “enorme opportunità”.
Grecia e Turchia, infatti, stanno attualmente cercando di adottare nuove soluzioni e di utilizzare toni più pacati. L’UE deve ora fare un’offerta “attraente” al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, spiega Süddeutsche Zeitung. Questa equivarrebbe all’obbligo di accogliere ogni anno un determinato numero di rifugiati siriani provenienti dalla Turchia. La Turchia, in cambio, potrebbe impegnarsi a riammettere tutti i migranti che attraversano irregolarmente la frontiera terrestre o marittima con la Grecia e a fornire loro un’equa procedura di asilo sul suo territorio. Non è però chiaro quanto la Turchia sia disposta ad accettare un nuovo accordo con l’UE. Ankara è diventata un luogo sempre più ostile per i rifugiati, soprattutto siriani e afghani.