Il film "Greyhound: il nemico invisibile", con protagonista Tom Hanks, racconta un episodio reale della Seconda guerra mondiale

Greyhound: il nemico invisibile è un film appassionante che racconta un episodio della guerra navale combattuta nell’Atlantico del Nord nel primo periodo del coinvolgimento nella Seconda guerra mondiale degli Stati Uniti. Regista del film è Aaron Schneider, Tom Hanks ne è il protagonista e anche lo sceneggiatore. Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo “The Good Shepherd” scritto da Cecil Scott Forester ed è ispirato a fatti realmente accaduti.



Una flotta composta da 37 navi attraversa l’Atlantico del Nord verso l’Inghilterra ed è minacciata dagli U-Boot tedeschi: il capitano di fregata Ernest Krause (Tom Hanks) è il responsabile ultimo di questa flotta che guida dal suo cacciatorpediniere statunitense, il Greyhound, ed è coadiuvato in questa difficile missione da due cacciatorpediniere inglesi, la Eagle e la Harry, e una corvetta canadese, la Dickie.



Il film racconta le lunghe e drammatiche 50 ore in cui il convoglio attraversa la zona chiamata “black pit”, cioè quella parte di oceano che è senza copertura aerea, perché in mezzo tra quella con la copertura aerea americana e quella verso cui il convoglio va e che ha la copertura aerea degli Alleati. Qui sta l’invisibile: tutti si mettono in mare sapendo che vi è un nemico, ma che è invisibile e tutta la storia è segnata da questo non vedere qualcosa che c’è e che colpisce come ne è segno il fuoco delle navi distrutte e affondate dai siluri.

Questa invisibilità rende appassionante tutta la storia, il nemico non si vede se non a piccoli tratti, talvolta si sente la sua voce, ma sempre senza vederlo, è in tutta la sua minaccia invisibile, però quanto mai reale, è questo che infittisce la trama, facendo emergere le energie e le abilità che Ernest Krause e i suoi marinai sanno tirar fuori da loro stessi per tenere testa a questo pericolo incombente e invisibile.



Così nella “black pit” le navi sono esposte agli attacchi degli U-Boot ed Ernest Krause deve difenderle, impedendo che vengano affondate dai tedeschi. È un’impresa ardua e il film racconta come Ernest Krause passo dopo passo riesca ad arrivare alla fine di questa avventura, pur con tutte le sconfitte che deve soffrire in questo estenuante combattimento.

È quello del film un racconto coinvolgente, realizzato così bene e in modo talmente veritiero che fa partecipare a quello che vive il capitano di fregata Ernest Krause di cui emergono due aspetti fondamentali e determinanti la storia stessa: il primo è la sua abilità sia di comandante navale, sia di guida di un equipaggio, la seconda è la sua grande umanità, tanto che in un clima di guerra lui ha a cuore sia i suoi marinai, sia gli stessi nemici, che quando vengono uccisi lui chiama “anime” che se ne sono andate.

Così il fascino del film sta nel fatto che mostra come un uomo raccoglie tutte le sue energie e le sue capacità per realizzare un compito che gli è stato dato e che rasenta l’impossibile, portare in salvo in quella fossa nera le navi e gli uomini che gli sono stati affidati. È un compito impossibile, un compito di fronte al quale lui sente il suo limite e così decide di affidarsi a Dio, nello stesso tempo è in questo compito che lui emerge in tutta la sua umanità e questo documenta un aspetto molto significativo, che l’uomo emerge per quello che è in forza di un compito.

È a questo livello che si capisce di che statura umana è Ernest Krause, lui ha compiuto un’impresa, non ha portato a casa tutte le navi, ma oltre ogni previsione, però ciò che a lui sta a cuore non è che è stato un grande, bensì che ha salvato degli uomini. E qui sta la religiosità di Ernest Krause, che domanda a Dio di proteggerlo e lo ringrazia di averlo fatto, è la coscienza che ha della vita, la coscienza che dipende da un Altro. Per questo è un film che racconta ciò che è un’avventura, che non poggia sulla affermazione di sé, ma sulla realizzazione di un compito.

Di grande intensità umana è lo svolgimento del film, tutto vissuto dentro l’ambiente stretto e nello stesso tempo molto ampio del cacciatorpediniere Greyhound, una concezione nuova dello spazio, segnato dall’umanità di tutti i marinai.

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