GUERRA NEL MAR ROSSO/ Usa e ribelli Houthi, il difficile rebus dell’Arabia tra negoziato e ostilità

- Albert Bozo

Il fronte del Mar Rosso si complica perché gli attacchi Usa alle postazioni Houthi non sembrano risolutivi. Servirebbe una mediazione

biden binsalman arabia 1 ansa1280 640x300 Il presidente americano Joe Biden con il principe ereditario saudita M. bin Salman a Jedda nel luglio 2022 (Ansa)

L’allarme è arrivato da Bankitalia: gli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen contro il traffico marittimo dal golfo di Aden verso il mar Rosso e Suez stanno minacciando il 16% dell’import italiano, oltre a causare un forte rialzo dei tassi assicurativi e dei costi dei trasporti. Eppure, dopo circa due mesi dall’inizio degli attacchi, i miliziani filoiraniani yemeniti (gli Usa hanno appena riammesso gli Houthi nell’elenco globale dei terroristi) continuano a penalizzare sicurezza e commerci. La missione navale Prosperity Guardian guidata dagli Stati Uniti (con l’aiuto diretto della Gran Bretagna) sta reagendo con raid sulle postazioni radaristiche e missilistiche nello Yemen, anche se l’individuazione dei bersagli in transito (navi civili o militari, soprattutto battenti bandiere di Paesi considerati nemici, Israele e i suoi alleati in testa) fa supporre che gli Houthi possano contare su provvidenziali tracciamenti satellitari o comunque radiorilevamenti da remoto, plausibilmente da apparati iraniani imbarcati sui navigli di Teheran nel quadrante.

Mentre Netanyahu a Tel Aviv si sta arroccando su posizioni sempre più intransigenti (ostinandosi a negare la possibile nascita dei due Stati suggerita tanto dagli Stati Uniti quanto dagli Stati arabi più moderati), rispondendo a logiche da campagna elettorale e strizzando l’occhio alla destra ancora più a destra del Likud, sul fronte del Mar Rosso oggi sembra poco probabile arrivare ad un cessate il fuoco, almeno in tempi brevi. Con le gravi conseguenze economiche che le banche centrali europee stanno denunciando.

“Gli attacchi contro obiettivi Houthi in Yemen sono il tentativo da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito di sostenere la libertà di navigazione, un principio fondamentale nei beni comuni globali”. Ma non sarebbero azioni sufficienti ad “inviare un messaggio agli Houthi abbastanza forte da dissuaderli dal continuare a colpire le navi. La coercizione e la deterrenza non sono riuscite nell’ultimo decennio a minare la forza di volontà e la capacità degli Houthi”. L’attuale campagna guidata da USA e Regno Unito probabilmente porterà l’attenzione degli Houthi ad “un’operazione punitiva più ampia”. Se così sarà, “la strategia non solo non riuscirà a raggiungere i suoi obiettivi di sostenere la libertà di navigazione, ma probabilmente aggraverà ulteriormente il problema”. Ne è convinto Andreas Krieg, del King’s College di Londra, come riporta ISPI nel suo report settimanale sull’area MEDA (Middle East and North Africa), che va dal Marocco all’Iran, praticamente il Grande Medio Oriente, con circa 400 milioni di persone.

Di parere diverso Alessio Patalano, docente di guerra e strategia in Asia Orientale, anche lui al King’s College di Londra. “Non è necessariamente vero che le attuali operazioni per ridurre il rischio per la navigazione nel Mar Rosso non siano convenienti. Questo dovrebbe essere, invece, calcolato sulla base dell’aumento vertiginoso delle tariffe assicurative, dell’allungamento dei tempi di viaggio delle spedizioni e della ridotta capacità commerciale di soddisfare la domanda. Da questo punto di vista, gli Stati Uniti continueranno ad applicare un approccio misto basato sull’intercettazione, ove necessario, di ordigni sparati contro le navi e sul degrado delle capacità degli Houthi”.

In un simile contesto, confuso e ad equilibri costantemente instabili, la grande incognita resta la postura che l’Arabia Saudita intende (o non) assumere. “La frustrazione dell’Arabia Saudita nei confronti degli Stati Uniti si concentra sulla sua percezione di un’azione inadeguata contro i ribelli Houthi nello Yemen”, chiarisce Dania Thafer, direttore esecutivo Forum Internazionale del Golfo. L’Arabia aveva tentato di allentare le tensioni nel lungo conflitto con lo Yemen. “Dopo quasi nove anni di ostilità in corso, Riyadh ha perseguito un cessate il fuoco con i ribelli Houthi e ha abbracciato una strategia di impegno per contrastare l’influenza regionale dell’Iran”.

È lecito supporre che “una mediazione di successo tra gli Stati Uniti e i ribelli Houthi richieda il coinvolgimento di una terza parte con relazioni consolidate con entrambe le parti. Attualmente, nonostante il cessate il fuoco, le relazioni tra Arabia Saudita e Houthi rimangono tese, con continue minacce da parte dei ribelli Houthi dirette all’Arabia Saudita a seguito degli attacchi aerei statunitensi. Questa tensione persistente complica le prospettive di una mediazione efficace nel prossimo futuro”.

Anche se proprio sull’Arabia si concentrano le aspettative di un cessate il fuoco concertato. “L’Arabia Saudita potrebbe potenzialmente sfruttare il fatto di avere linee di comunicazione sia con gli Houthi che con gli Stati Uniti per cercare di portare gli attori al tavolo dei negoziati – afferma Courtney Freer, docente alla Emory University –. Ma dato che l’Arabia è in procinto di negoziare (separatamente) un cessate il fuoco con gli Houthi, tuttavia, è improbabile che faccia qualcosa che possa compromettere la sua capacità di finalizzare questo accordo”.

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