Le polemiche impazzano, ma l’approdo in Cina di Google con un motore di ricerca dedicato da parte dell’azienda di Mountain View (e dunque “settato” per rispettare i rigidi crismi della censura locale), non sembra nei reali piani del futuro. Almeno questo è ciò che dice l’amministratore delegato Sundar Pichai che ha affermato come Google: “Non sta per lanciare un prodotto di ricerca in Cina. La nostra missione è di organizzare l’informazione del mondo. Se dobbiamo perseguirla bene dobbiamo pensare seriamente a come fare di più in Cina.” Dichiarazioni che dovrebbero tranquillizzare i dipendenti che si erano scagliati contro il progetto “Dragonfly”, con tutto quel che ne consegue in termini di politica sulla libertà che Google può garantire con le sue ricerche e sui criteri etici e di trasparenza nelle politiche aziendali a Mountain View. (agg. di Fabio Belli)
Il progetto Dragonfly
La Cina è un paese molto particolare per quanto riguarda la censura. Ecco perché, nelle ultime ore la notizia che ha destato interesse, riguarda proprio questo spinoso argomento. Più di mille dipendenti di Google hanno comunicato tramite una lettera la loro avversità nei confronti di un piano segreto della società per mettere a punto un motore di ricerca atto ad accontentare appieno la censura cinese. Uno dei promotori dell’iniziativa, ha fatto in modo anche di divulgare la notizia, ma ha chiesto di potere restare anonimo. Nella missiva si richiamano i dirigenti a riguardare tutti i criteri etici e di trasparenza nelle politiche aziendali. Secondo ciò che si legge sul New York Times, pare che i firmatari della proposta, lamentano l’assenza di informazioni agli impiegati allo scopo che questi possano arbitrariamente “fare le loro scelte etiche nell’ambito del loro lavoro”, e che la notizia del progetto ‘Dragonfly’ sia arrivata loro tramite i media.
Google in Cina, dipendenti contro la censura
In base al pensiero dei dipendenti di Google, accettare tutte le particolari richieste proposte dalla Cina, mette sul piatto anche “urgenti questioni morali ed etiche”. L’ipotesi che Google possa assecondare in qualche modo il governo cinese, ha creato forte disagio da parte dei suoi dipendenti. Secondo il quotidiano newyorkese, il ritorno del motore di ricerca, potrebbe comunque essere ostacolato dall’attivismo interno. Sempre secondo le informazioni diffuse dal giornale, pare che il ceo Sundar Pichai avrebbe affermato: che “bisogna pensare seriamente a come fare di più in Cina se vogliamo svolgere bene la nostra mission, ma detto questo non siamo vicini al lancio di un prodotto per la search in Cina”. Non è la prima volta che i dipendenti di Google si lamentano e prendono le distanze. Nell’aprile sono arrivate più di 3mila firme contro la collaborazione con il Pentagono. L’azienda infatti, stava collaborando al progetto Maver (lo sviluppo di una intelligenza artificiale per analizzare le riprese acquisite dai droni per conto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti).