I legislatori di Hong Kong hanno rigettato una proposta di legge per riconoscere i matrimoni LGBT: violerebbero la cultura sociale regionale
Con una contestata – e per certi versi storica – decisione, i legislatori di Hong Kong nella giornata di oggi hanno nettamente respinto un disegno di legge che mirava a riconoscere le unioni LGBT per dar seguito a una – altrettanto storica – sentenza della Corte d’Appello Finale (ovvero l’ultimo organo giuridico della regione autonoma, rivendicata politicamente dalla Cina) pronunciata nel 2023 e ignorata fino a questo momento.
Partendo proprio da qui, è utile ricordare che a muovere il caso era stato l’attivista della comunità LGBT di Hong Kong Jimmy Sham che nel 2013 si era sposato a New York con il suo attuale partner e aveva provato a ottenere il riconoscimento del matrimonio anche sul territorio di Hong Kong: tutti i grandi di giudizio avevano respinto fermamente la sua richiesta, sottolineando che non fosse coerente con la legislazione locale che riconosce solamente le unioni eterosessuali e monogame; ma una svolta era arrivata in sede della Corte Finale.
I cinque giudici supremi di Hong Kong, infatti, pur negando la richiesta di riconoscimento di Sham nel 2023 avevano esortato i decisori politici a varare un solido quadro normativo che riconoscesse le unioni tra persone dello stesso sesso: la corte aveva fissato la scadenza a due anni dalla pronuncia – ovvero il prossimo 27 ottobre – e quello discusso in queste ore era stato il primo disegno legale che mirava a dar seguito alla richiesta dei giudici.
Cosa prevedeva la legge (respinta) di Hong Kong per riconoscere le unioni della comunità LGBT e cosa succede ora
Di fatto, la legge discussa dai legislatori di Hong Kong sarebbe stata poco più che un contentino per la comunità LGBT utile ad assolvere alla richiesta della Corte: se fosse stato approvato, infatti, avrebbe concesso solamente una serie di limitati diritti, tra cui quello alle visite ospedaliere del partner dello stesso sesso, quello a prendere decisioni mediche per conto suo in caso di necessità e quello all’eredità testamentaria; tutto limitatamente alle unioni civili o ai matrimoni effettuati all’estero.
Nonostante il limitato pool di diritti che la legge avrebbe concesso, non sono mancate le ferme e durissime opposizioni da una consistente parte – specialmente quella filo-Pechino – dei legislatori di Hong Kong, raccolte in larga parte attorno al fatto che la proposta avrebbe violato la cultura civile locale storicamente incentrata sui matrimoni monogami ed eterosessuali; oltre all’idea che un simile disegno avrebbe inevitabilmente aperto – in futuro – le porte ai matrimoni per la comunità LGBT anche sul territorio di Hong Kong.
D’altra parte, i sostenitori della legge – oggi diventati critici della decisione dei legislatori di Hong Kong – avevano denunciato il fatto che senza l’approvazione si sarebbe intaccato lo stato di diritto e l’autorità della Corte Suprema: ora la palla torna nelle mani del governo che ha a disposizione poco più di un mese per proporre e approvare un nuovo disegno di legge; fermo restando che per trovare una quadra per quello oggi respinto ci sono voluti quasi due anni.