La domanda di lavoro, sostenuta dalla crescita dell’economia e dall’aumento delle presenze turistiche, si caratterizza per un’elevata e crescente difficoltà di reperimento di personale, la quale può compromettere la ripresa in corso. Nel primo trimestre 2023 il Pil in Italia sale dell’1,9% su base annua, il doppio della media Ue e facendo meglio di Stati Uniti, Giappone, Francia e Regno Unito.
Il dinamismo dell’economia italiana è sostenuto dalla crescita dell’occupazione. A maggio 2023 gli occupati salgono di 21 mila unità rispetto al mese precedente e rispetto a maggio 2022, l’aumento è di 383mila unità (+1,7%), per effetto dell’aumento dei dipendenti permanenti (+451mila, pari al +3,0%) e degli indipendenti (+82mila, pari al +1,6%) che ha più che compensato la diminuzione dei dipendenti a termine (-150mila, pari al -4,9%). Il tasso di disoccupazione scende al 7,6% e bisogna tornare indietro di 13 anni per trovarne uno così basso. In chiave settoriale, dopo che l’edilizia ha sostenuto retto l’intero mercato del lavoro tra la pandemia e l’invasione dell’Ucraina, nel 2023 cresce l’occupazione nella manifattura e nei servizi. Nel primo trimestre 2022 gli occupati, al netto della stagionalità, sono saliti di 236mila unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+1,5%) nei servizi e di 136mila unità (+2,9%) nella manifattura.
Le micro e piccole imprese sono protagoniste della crescita della domanda di lavoro dipendente, in particolare per il lavoro stabile. Le micro e piccole imprese hanno una quota di dipendenti del 48,9% del totale, ma determinano il 67,2% delle entrate nelle imprese previste per luglio dal Sistema Excelsior di Unioncamere-Anpal.
La crescita dell’occupazione si associa a un rilevante e crescente mismatch tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto se qualificato. A luglio 2023 le imprese italiane indicano una difficoltà di reperimento del 47,9%, che sale al 56,6% per gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine. La quota si colloca ai massimi per fonditori, saldatori e montatori di carpenteria metallica (70,5%) e operai specializzati nelle costruzioni (69,9%).
Il confronto internazionale – La scarsità di manodopera è un problema diffuso in Europa. Nel secondo trimestre del 2023 in Italia il 9,8% delle imprese manifatturiere registra un ostacolo all’attività dalla scarsità di manodopera, a fronte del 26,3% della media dell’Unione europea. Nel dettaglio la quota di imprese che riscontrano difficoltà di reperimento è del 17,7% in Francia e sale addirittura al 34,3% in Germania. Il fenomeno in Italia è in crescita (+4,4 punti) rispetto a un anno prima, mentre segna una attenuazione nell’Ue (-2,7 punti).
I fattori che influiscono sul mismatch – La crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento della popolazione, si riverbera sul mercato del lavoro: nell’arco degli ultimi dieci anni i giovani under 35 attivi sul mercato del lavoro – occupati e in cerca di occupazione – si sono ridotti di oltre mezzo milione di unità (-505mila, pari al -7,5%). Oltre al trend demografico, interferiscono altri fattori. L’adeguatezza del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto: se il 32,4% delle entrate sono di difficile reperimento per mancanza di candidati, il 10,8% lo è per preparazione inadeguata dei candidati. Inoltre, influiscono la precedente esperienza lavorativa, necessaria per posizioni con elevate competenze tecniche, il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda, la tipologia contrattuale offerta, oltre all’accesso a strumenti di welfare aziendale.
Rilevano gli investimenti sulla contrattazione collettiva di qualità, come nell’artigianato, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese anche con le importanti tutele di welfare forniti dagli enti bilaterali. Confartigianato Imprese è parte negoziale e firmataria di 14 Ccnl che interessano una platea potenziale di 3,6 milioni di lavoratori: contratti collettivi di lavoro che garantiscono una corretta regolamentazione dei rapporti di lavoro e importanti tutele per i lavoratori, anche attraverso il proprio consolidato sistema di bilateralità.
Cambiano le aspettative dei giovani rispetto al lavoro: mentre è meno appetibile il posto fisso, cresce l’orientamento a un lavoro autonomo che dia maggiore indipendenza e tempo libero. L’evoluzione dei consumi giovanili – sportivi, culturali e di intrattenimento – richiede più tempo libero e lo scambio sul mercato del lavoro tra tempo del lavoratore e retribuzione diventa più complesso. La rapidità del progresso tecnologico nella transizione digitale in corso genera un maggiore difficoltà di aggiornamento e adeguamento del sistema scolastico. Sull’offerta di lavoro influiscono quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni. Nei prossimi 30 anni la popolazione in età da lavoro è prevista in diminuzione del 23,6%, con un calo diffuso in tutte le regioni.
Come stanno reagendo le imprese – Le imprese, in particolare quelle micro e piccole, sono esposte alle criticità del mismatch e stanno adottando diverse misure per attrarre i lavoratori, come emerge dal focus group condotto nei giorni scorsi dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia e di cui anticipiamo alcuni risultati. Gli imprenditori del panel evidenziano che i giovani hanno profondamente modificato la percezione del posto di lavoro e sono meno orientati a un lavoro manuale e impegnativo. Il fenomeno rende problematico il ricambio generazionale dei lavoratori dell’impresa e il trasferimento delle competenze dalle figure senior a quelle junior, rischiando di dissipare le tecniche manuali alla base del “saper fare” che connota il made in Italy. Nel medio termine, viene messo a rischio un sistema di offerta – caratterizzato da artigianalità, alta qualità e originalità del prodotto – che si contraddistingue nel mondo. Nella visione degli imprenditori del panel, solo la creazione di valore basata su una elevata qualità può garantire la competitività della produzione nazionale.
Per affrontare le criticità, le imprese hanno reagito con interventi diversificati. Più diffuse le collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, gli ITS e l’intensificazione di percorsi di stage, dei Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) e dei tirocini. Ai casi di aumento delle retribuzioni, si è associata l’offerta di pacchetti di welfare aziendale, una maggior flessibilità dell’orario di lavoro e, ove possibile, l’utilizzo dello smart working. Altri interventi sono stati finalizzati al miglioramento del clima aziendale e del comfort dei luoghi di lavoro. Nonostante le azioni intraprese, alcune delle imprese intervistate non hanno potuto espandere l’occupazione, ritardando o interrompendo il percorso di sviluppo dell’azienda.
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