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Home » Economia e Finanza » Economia UE » Bce & Euro » I NUMERI DELL’INFLAZIONE/ Ecco la spiegazione all’errore della Bce sui tassi

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I NUMERI DELL’INFLAZIONE/ Ecco la spiegazione all’errore della Bce sui tassi

Ugo Arrigo
Pubblicato 6 Gennaio 2024
La sede della Bce (Ansa)

La sede della Bce (Ansa)

Continuare a osservare la variazione tendenziale dell'inflazione rischia di portare a commettere errori come quello della Bce sui tassi

Con qualche giorno di ritardo sui saluti all’anno 2023 sono state rese note le stime preliminari dell’Istat dell’inflazione al consumo nel mese di dicembre e lo stesso ha fatto l’Eurostat per quando riguarda diversi Paesi dell’Unione, tra cui quelli con il Pil più elevato.

Guardando ai numeri, la prima cosa che viene in mente a chi ricorda gli anni ’70 e ’80 dell’alta inflazione italiana, e dell’allora persistente differenziale rispetto alla Germania, è che l’Italia chiude il 2023 con un’inflazione tedesca e la Germania chiude il 2023 con un’inflazione italiana.


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Infatti l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), quello utilizzato tradizionalmente per misurare l’inflazione italiana, che include i tabacchi, ha registrato una crescita rispetto a dodici mesi prima pari appena allo 0,6%, in ulteriore riduzione rispetto allo 0,7% di novembre. Esattamente un anno fa il tasso tendenziale era invece all’11,6% e nello scorso mese di settembre ancora al 5,6%.


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In sostanza l’inflazione è scomparsa in pochi mesi dall’economia italiana, mentre altrettanto non sembra verificarsi in altri Paesi europei. Infatti il tendenziale tedesco in dicembre è risalito al 3,7% dal 3,2% del mese precedente e nell’intera Eurozona si stima sia aumentato al 2,9% rispetto al 2,4% di novembre.

Con un’inflazione allo 0,6% in Italia, al 2,9% nell’Eurozona e al 3,7% in Germania possiamo allora dire che il mondo dei prezzi va a rovescio rispetto al passato e che noi abbiamo acquisito tassi tedeschi e ceduto alla Germania tassi italiani? In realtà non è proprio così, si tratta in gran parte di un’illusione ottica dovuta all’uso in maniera acritica del tasso tendenziale, che non abbiamo mancato di criticare in precedenti occasioni.


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Il tasso tendenziale misura infatti di quanto sono aumentati i prezzi, in percentuale, negli ultimi dodici mesi. Ogni volta che si aggiunge un mese nuovo egli cancella pertanto dalla registrazione il tredicesimo mese antecedente, che esce in conseguenza dal campo visivo di coloro che usano il tendenziale per commentare la dinamica dei prezzi. Cosa fa salire allora il tasso tendenziale da un mese all’altro? Semplicemente il fatto che l’aumento dell’ultimo mese sia maggiore dell’aumento di tredici mesi prima. Però se nell’ultimo mese non vi è stato alcun aumento ma tredici mesi prima vi era stata una diminuzione accade la stessa cosa e il tendenziale salirà egualmente, all’incirca della differenza tra i due tassi congiunturali.

Dunque, l’unico modo per svelare il mistero è andare a vedere di quanto sono aumentati i prezzi in dicembre rispetto al mese precedente. E così facendo scopriamo che in realtà i prezzi in Italia e Germania sono aumentati in maniera molto simile:

– in Italia dello 0,2% secondo l’indice nazionale NIC e dello 0,1% secondo l’indice armonizzato europeo IPCA;

– invece in Germania dello 0,1% secondo il loro indice nazionale e dello 0,2% secondo l’indice armonizzato europeo IPCA.

In questo modo scopriamo che l’aumento tedesco del tendenziale dipende tutto da quanto avvenuto a dicembre 2022 e non a dicembre 2023. Tredici mesi fa in Germania i prezzi al consumo, infatti, diminuirono, addirittura dell’1,2% per l’indice armonizzato, mentre nel mese scorso sono aumentati dello 0,2%. La somma delle due variazioni fa 1,4 punti percentuali ed è essa che ha fatto crescere il tendenziale tedesco dal 2,3% di novembre al 3,8% stimato per dicembre.

Il tendenziale è aumentato in Germania non perché i prezzi sono aumentati, ma perché un anno fa erano diminuiti, e questa diminuzione nel mese scorso non si è più ripetuta. Invece in Italia un anno fa erano aumentati e poiché nell’ultimo dicembre l’aumento è stato minore, ecco che il nostro tendenziale ha continuato a ridursi, sino a portarsi ben al di sotto del 2% che è l’obiettivo della Bce.

Riguardo all’inflazione europea il discorso è del tutto simile: in dicembre la stima è che i prezzi al consumo siano aumentati nell’Eurozona dello 0,2%, un valore simile a quello tedesco e a quello italiano, però tredici mesi fa erano diminuiti dello 0,4%, e la somma dei due valori è sei decimi di punto ed è essa che ha portato il tendenziale dal 2,4% di novembre al 2,9% stimato per dicembre.

La sintesi è che non vi è alcuna accelerazione dei prezzi in Europa in dicembre, come d’altra parte nei mesi precedenti, né essa è presente in Germania come non lo è in Italia. Semplicemente siamo noi che usando il tendenziale stiamo guardando ai prezzi con lo specchietto retrovisore. Un po’ come se accendessimo il condizionamento della casa anziché il riscaldamento avendo in mente le temperature dello scorso agosto anziché quelle attuali.

Il problema è che anche la Bce compie lo stesso errore e guardando alle temperature precedenti dei prezzi ritiene ormai da troppo mesi che sia necessario continuare a raffreddarle con alti tassi d’interesse. I quali, se non cambia idea rapidamente, finiranno in realtà per congelare la crescita economica, dell’Italia come dell’intera Eurozona.

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Tags: InflazioneRecessione

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