Ricerca sulle emozioni negli adolescenti: un terzo sfoga la rabbia contro oggetti, il 25% contro persone. E capita di più ai maschi. Ecco come aiutarli

Durante l’adolescenza è “naturale” che i ragazzi e le ragazze, impegnati nella costruzione della propria identità e nei compiti evolutivi legati alla transizione all’età adulta, sperimentino sentimenti ambivalenti, altalenanti, di gioia e di malcontento, di soddisfazione e di intolleranza alla frustrazione, riflessi di un profondo bisogno di autonomia e comprensione.



Tra il caleidoscopio di esperienze che gli/le adolescenti sperimentano quotidianamente si colloca anche la rabbia, un’emozione complessa, influenzata da cambiamenti sia interni sia esterni, che impattano sull’equilibrio emotivo, sulla capacità di autocontrollo e consapevolezza di sé e delle emozioni proprie e delle altre persone.



Come la letteratura scientifica di carattere neurobiologico ha messo in luce, in questa fase della vita si verifica nei/nelle adolescenti uno squilibrio temporaneo dovuto al fatto che il sistema limbico, responsabile dell’elaborazione emotiva, e la corteccia prefrontale, deputata al controllo delle reazioni impulsive, crescono a ritmi diversi.

Questo squilibrio può portare a una maggiore intensità emotiva e a difficoltà nel modulare le reazioni: talvolta, quindi, gli/le adolescenti si trovano a vivere emozioni forti, in assenza di strumenti maturi per gestirle in maniera adeguata. Questa condizione li rende più vulnerabili a esplosioni di rabbia, spesso attivate da situazioni che percepiscono come ingiuste o limitanti, e talvolta questo li spinge a manifestare la propria frustrazione con comportamenti impulsivi e reazioni rabbiose.



Spesso, inoltre, il contesto sociale non solo espone gli/le adolescenti ad episodi di rabbia ai quali i pari e gli adulti reagiscono con comportamenti aggressivi e violenti, ma anche, facendoli sentire non riconosciuti nei loro bisogni e sottoposti ad aspettative iper-performanti di cui non comprendono il senso, favorisce in loro l’insorgenza di reazioni rabbiose.

Nella rilevazione Generazione Z 2025, effettuata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo-IPSOS, abbiamo cercato di indagare i comportamenti impulsivi e le reazioni rabbiose così come la componente emotiva del comportamento di rabbia in un campione rappresentativo della popolazione italiana di età compresa tra i 14 e i 19 anni, composto da 800 tra ragazzi e ragazze.

La Tabella 1 mostra i risultati di alcune delle domande poste: le prime due (1 e 2) sono volte a valutare la componente comportamentale della rabbia, le ultime due (3 e 4) la componente emotiva.

Come mostrano i dati, un terzo circa del campione dichiara di essersi arrabbiato/a a tal punto nella sua vita, in alcune circostanze, tanto da danneggiare degli oggetti. Al contempo poco meno del 20% dichiara di non riuscire talvolta a controllarsi dal colpire impulsivamente una persona. Pertanto, se talvolta la rabbia si traduce in comportamenti lesivi, questi vengono per lo più rivolti verso oggetti, anche se interroga il fatto che un quarto dei partecipanti pare mettere in atto comportamenti lesivi di altre persone. In entrambi i casi, si rilevano percentuali più elevate tra i ragazzi che non tra le ragazze e tra i partecipanti più grandi rispetto ai più piccoli.

Se consideriamo gli altri due item (3 e 4), vediamo che il circa un terzo del campione a volte si sente sotto pressione, come se fosse una polveriera che sta per esplodere, e un quarto pensa a volte di avere una reazione impulsiva senza motivo. Per entrambi gli item, le percentuali più elevate si trovano nel gruppo dei/delle più grandi, ma in questo caso più nel campione delle ragazze che in quello dei ragazzi.

I risultati relativi al genere non sorprendono perché la letteratura scientifica mostra come i ragazzi siano più propensi a mettere in atto comportamenti aggressivi rispetto alle ragazze, mentre queste ultime tendono a riversare maggiormente sulla loro vita emotiva le conseguenze di situazioni o eventi, esito anche delle diverse pratiche educative utilizzate per crescere ragazze e ragazzi e degli stereotipi di genere.

Quanto emerso in merito all’età solleva più interrogativi, poiché al crescere dell’età lo squilibrio neurobiologico dovrebbe assestarsi, le capacità cognitive di lettura della realtà dovrebbero essere maggiori, così come anche la consapevolezza e l’autocontrollo.

Oltre a prendere atto di questi risultati, dobbiamo capire come intervenire. Considerata la delicatezza della fase di vita, è importante che tutte le realtà attraversate quotidianamente dagli/dalle adolescenti (famiglia, scuola, mondo dello sport e dell’impegno…) operino in maniera sinergica e integrata, assumendo e condividendo la propria responsabilità educativa. Per esempio, le famiglie potrebbero impegnarsi a promuovere una comunicazione aperta e non giudicante, offrendo un ascolto attivo che permetta agli/alle adolescenti di sentirsi accolti nelle loro emozioni. Si potrebbero anche pensare a momenti di formazione per i genitori o a dispositivi in cui possano condividere le fatiche educative, confrontarsi ed aiutarsi reciprocamente.

La scuola potrebbe offrire programmi di educazione emotiva che insegnino ai ragazzi e alle ragazze a riconoscere e comprendere le proprie emozioni, nonché a trattarle. Parrocchie, enti del terzo settore, società sportive potrebbero coinvolgere gli/le adolescenti in attività collettive che offrano canali per esprimere la rabbia in modo positivo e propositivo. Infine, i servizi socio-sanitari potrebbero favorire l’accesso a risorse di supporto psicologico, sia individuali che di gruppo, così da fornire agli/alle adolescenti ulteriore sostegno emotivo e strumenti per la gestione della rabbia.

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