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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » I PIANI DI BIDEN/ Quei “contentini” all’Ue per difendere dollaro e merci Usa

  • Economia Internazionale
  • Economia UE

I PIANI DI BIDEN/ Quei “contentini” all’Ue per difendere dollaro e merci Usa

Int. Mario Deaglio
Pubblicato 11 Giugno 2021
michel

Charles Michel, presidente del Consiglio europeo; in primo piano Ursula von der Leyen, presidente della Commissione (LaPresse)

Il tour europeo di Biden entra oggi nel vivo con la partecipazione al G7 in Cornovaglia. Al Presidente Usa serve l'Ue per contrastare i piani cinesi

Il tour europeo di Joe Biden entra oggi nel vivo con la partecipazione al G7 in Cornovaglia, cui seguirà, la settimana prossima, un incontro con i vertici dell’Ue e successivamente un faccia a faccia con Vladimir Putin. L’obiettivo del Presidente degli Stati Uniti sembra quello di rinsaldare i rapporti con i partner sull’altra sponda dell’Atlantico in modo da contrastare più efficacemente la Cina. Secondo Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, ci sono in particolare due cose che interessano a Washington.


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Quali?

La prima è continuare a difendere lo status di divisa di riferimento internazionale del dollaro, contrastando il progetto cinese di dar vita a una moneta artificiale frutto di un paniere di diverse valute, tra cui lo yuan, che toglierebbe agli Stati Uniti l’attuale posizione di privilegio per darla alle organizzazioni internazionali come il Fmi. La seconda riguarda i normali rapporti commerciali. Trump, dopo aver tenuto una posizione antagonista nei confronti della Cina, aveva raggiunto un accordo che Pechino non sta totalmente rispettando. Infatti, c’è ancora uno squilibrio negli scambi commerciali. Per questo Biden vuole coinvolgere l’Europa per convincerla a commerciare meno con la Cina e più con gli Usa.


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L’Europa può ottenere in cambio qualcosa?

Sì. Se nel secondo dopoguerra i Paesi europei ottennero costanti forniture di petrolio a prezzi vantaggiosi, facendo così crescere l’economia, ora stanno portando gli Usa a muoversi nel solco della lotta ai cambiamenti climatici e della transizione energetica da loro tracciato. Si sta non a caso vedendo un attivismo di Biden maggiore di quello di Obama su questo fronte.

Anche l’accordo sulla Global minimum tax raggiunto la scorsa settimana serve ad accontentare le istanze europee?

Sì, sicuramente. Gli americani sotto Biden vogliono evitare di apparire come nemici dell’Europa. Tra l’altro probabilmente i maggiori beneficiari di questa nuova tassazione saranno gli stessi Stati Uniti, sia politicamente, visto che c’è una parte dell’opinione pubblica che vuole che le multinazionali paghino le tasse, sia economicamente, dal momento che la sede e il mercato di riferimento di queste aziende si trova negli Usa, che avranno quindi più gettito fiscale. L’accordo sarà anche positivo per le multinazionali stesse a livello di immagine: non sarebbero più viste, come spesso accade, con ostilità.


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Il G7 al via oggi si occuperà anche dei vaccini ai Paesi poveri. Anche questo è un modo per fermare l’espansione cinese, specie in Africa?

Mi sembra che su questo fronte Biden abbia fatto più una mossa propagandistica che altro, già quando aveva proposto di togliere i brevetti sui vaccini. Non so se al G7 si arriverà a decisioni importanti, oltre le dichiarazioni di principio, su temi importanti come la Cina e l’Africa. Di certo la soluzione francese per l’Africa sta mostrando diverse criticità nella zona subsahariana. Servirebbe un impegno americano, quanto meno a livello di supporto logistico e informativo.

Avrà sicuramente visto la copertina dell’Economist della scorsa settimana che raffigura Usa e Cina come due jeep bigfoot che nell’affrontarsi schiacciano due automobili con la bandiera europea. L’Ue rischia di soccombere nello scontro tra Washington e Pechino?

A livello economico bisognerebbe quanto meno distinguere tra settori. La Cina è generalmente davanti a tutti su molte applicazioni dell’informatica. Questo vantaggio, secondo le previsioni americane, è destinato ad aumentare. Pensi solo che alcuni anni fa avevo fatto un calcolo: siccome nelle università cinesi si studia in inglese, nell’arco di un decennio il numero di cinesi che saprà usare operativamente l’inglese sarà superiore a quello degli americani. Gli Usa sono quindi un po’ nervosi e vogliono affrontare il problema, anche attraverso la via dei trattati. In queste condizioni l’Europa ha perso l’aggancio con molte delle tecnologie che contano. L’esempio più chiaro lo abbiamo con gli smartphone: non ce ne sono di europei. Tuttavia, l’Ue è forte nel campo delle tecnologie intermedie, in genere di alta qualità, delle automobili, dei beni di consumo durevoli e semi-durevoli, dell’industria aeronautica.

L’approccio di Biden nei confronti della Cina, con il coinvolgimento dell’Ue, funzionerà più di quello di Trump?

Più che una previsione, qui sarebbe necessaria una profezia, cosa che non sono in grado di fare. Io le posso dire che stiamo andando sempre di più, come del resto avveniva ai tempi dell’Urss, verso un mondo diviso in grandi aree e con limitazioni alla libera circolazione, nel quale solo certi beni vengono scambiati tra tutti, come quelli di base o tecnologicamente irrilevanti. Vedremo una presenza pubblica in economia, in maniera più discreta del passato. Non si baderà tanto a mettere la bandiera dello Stato sulle imprese, ma a far sì che quest’ultime non possano prendere da sole certe decisioni chiave: dovranno prima consultarsi con i governi dei lori Paesi.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Joe BidenDonald TrumpVladimir PutinEconomia USA

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