Giacche avvitate e dai colori sgargianti, cappotti e camicie dal taglio impeccabile. Un mix fra passato e moderno. Fra Oriente e Occidente. E’ la collezione Zarif Design della stilista afghana, newyorchese d’adozione, Zolaykha Sherzad. L’abbiamo incontrata nel suo stand ad AF-Artigiano in Fiera, la manifestazione che per la prima volta accoglie aziende afghane tra i suoi oltre 2.900 espositori provenienti da 110 Paesi del mondo, a Rho-Fiera fino a domenica prossima 9 dicembre. Bella, colta ed elegante, Zolaykha ci mostra i manufatti che vengono prodotti rigorosamente a mano da un team di donne del posto che mettono in ogni capo tutta la tradizione e l’eleganza di un popolo che, nonostante la guerra, cerca di guardare al futuro. Zarif, infatti, in lingua dari significa “prezioso”: proprio come le finiture degli abiti prodotti dall’azienda, che ha sede a Kabul e a New York e che fra i molti riconoscimenti si è aggiudicata l’annuale premio World of Difference Award, promosso dall’organizzazione senza scopo di lucro The International Alliance for Women (TIAW), e un lungo articolo sul Times.
Zolaykha, come ha iniziato la sua attività di stilista?
In realtà, io sono un architetto: dopo aver studiato all’estero sono tornata in Afghanistan per aiutare il mio popolo. Purtroppo, l’architettura non è una disciplina che coinvolge la gente e ho pensato a un lavoro creativo che potesse mettermi in contatto con le persone, ma nello stesso tempo aiutarle. Da sempre mi sono interessata alla tradizione del Paese e quale lato migliore se non il mondo del tessile, dal momento che avevo studiato moda per un anno? Così ho cominciato a disegnare una linea di abiti che coinvolgesse le mie passioni: la moda, l’amore per la tradizione usando i tessuti tipici delle mia terra e l’architettura, applicata al corpo umano.
Qual è l’obiettivo di Zarif Design?
L’obiettivo è dare alle persone che lavorano con me abilità artistiche, un’opportunità anche in termini economici e restituire loro un’identità culturale attraverso la creazione di manufatti che rispettino la tradizione del nostro Paese. Capi unici e originali che non siano i soliti prodotti come borse o magliette. Per me è importantissimo restituire alla gente che lavora per Zarif Design le loro origini e renderli orgogliosi di essere afghani. Voglio dare loro una speranza. Il fatto che queste creazioni vengano indossate da personaggi considerati famosi, come Carole Bouquet o Kate Hudson, significa che la nostra antichissima tradizione incontra e si mescola con le altre culture del mondo.
Il claim di Zarif Design è “Reviving the Tradition, Shaping the Future” (Rivivere il passato per costruire il futuro ndr). Che cosa intende comunicare?
Come si può notare dal design dei capi Zarif, c’è un mix fra il passato del Medio Oriente e l’internazionalità dei paesi occidentali: in Afghanistan, infatti, non c’è un vero e proprio mercato legato alla moda e, dunque, ho pensato a un fil rouge che legasse la modernità, rispettando la tradizione. Il passato è rappresentato dal materiale, la seta, dai colori naturali, dalle vecchie monete applicate come bottoni e le capacità artigianali di chi li cuce manualmente. Il futuro è nella forma moderna e rinnovata delle giacche e degli abiti tradizionali.
Lavorare e produrre a Kabul non deve essere semplice…
L’aspetto più critico al momento in Afghanistan è la mancanza di sicurezza e tutto ciò ci impedisce, per esempio, di farci conoscere ed espanderci nei territori vicini e, quindi, ad avere un mercato e una clientela locali. E’ pressochè impossibile spostarsi: non ci sono strade e l’unico modo per raggiungere Kabul è passare dal Pakistan, una tappa che rende ancora più onerose le consegne. Quando ricevo un ordine da un cliente la prima cosa che mi viene chiesta è il tempo di consegna e io non so cosa rispondere: un problema al porto può bloccare la nave con i capi in qualsiasi momento. Ora spendiamo moltissimo tempo ed energie per fare le cose più semplici: uno degli aspetti più complicati della mia attività è la pianificazione. E’ impossibile sapere quale sarà il futuro del mio Paese. Faccio piani a breve termine fidandomi solo della mie capacità e del mio intuito, ma sono ottimista e so che posso farcela.
Com’è lavorare con un team in parte femminile in un paese come l’Afghanistan?
A Kabul lavorano sei donne e sedici uomini: per me è molto importante dare alle donne, che io considero il nucleo centrale della famiglia, la possibilità di lavorare fuori casa. In una cultura fondata sulla figura maschile, come quella afghana, non tutte possono uscire di casa da sole ma per le poche a cui è permesso, credo sia importante andare al lavoro, chiacchierare e scambiarsi idee. E’ un modo per emanciparsi e per far conoscere al mondo le loro capacità e le loro abilità, per esempio, nella tessitura. Zarif Design è un posto dove le donne possono imparare, condividere la loro arte, ma anche un posto sicuro dove prendersi un tè e condividere le proprie gioie con altre donne come loro e lasciare a casa, per un po’, i loro problemi quotidiani. Zarif Design mette al lavoro, gomito a gomito, anche donne e uomini permettendo gli uni di imparare dalle altre e viceversa: la società afghana di oggi dovrebbe prendere esempio e lavorare in gruppo, uomini e donne insieme, per costruire davvero qualcosa. Oggi, in Afghanistan, il mercato è la guerra, ma noi vogliamo trasformarlo in bellezza e arte.
Chi sono i suoi clienti?
La mia clientela è variegata: quando ho iniziato a disegnare questa collezione volevo creare qualcosa di bello, attraente e unico e per questo ho creato qualcosa di originale, di qualità e costoso. Se avessi disegnato magliette di cotone, come molti in Afghanistan, non avrei fatto nulla di nuovo e non avrei certo aiutato il mio popolo. All’inizio i miei clienti principali erano personalità straniere che vivevano a Kabul, come ambasciatori e diplomatici. Con il tempo sono diventati tutte quelle persone di origini afghane ma che vivono altrove nel mondo e che non dimenticano gli abiti tradizionali della loro terra, anche in occasioni importanti o per andare in ufficio. Ora le mie giacche vengono acquistate anche dalle mogli di ministri e ambasciatori che rappresentano il nostro Paese all’estero.
(Federica Ghizzardi)