Il filosofo Alain de Benoist ha parlato sulle pagine di Libero dell’attualità storica e sociale, fatta da guerre, crisi che si susseguono e una generale sfiducia galoppante verso le istituzioni democratiche. Il punto di partenza sono proprio le due guerre che stanno sconvolgendo, da un lato, l’Ucraina e, dall’altro, la Striscia di Gaza, che “hanno la caratteristica comune di essere guerre esistenziali, e quindi anche di identità”.
A Gaza, spiega De Benoist, “si è aggiunta una dimensione religiosa e messianica che rende ancora più improbabile la possibilità di raggiungere una soluzione politica negoziata“, ma in generale si tratta in entrambi i casi di guerre “justa causa, in cui il nemico è fin dall’inizio squalificato come criminale che deve essere sconfitto, ma anche sradicato. La guerra discriminatoria”, che diventa anche un conflitto “del bene contro il male” e nella quale, sottolinea De Benoist, “diventa quasi impossibile per un terzo adottare una posizione di neutralità che gli consenta di offrire una mediazione senza essere sospettato di complicità con una delle parti coinvolte”. Guerre, in altre parole, che non si possono concludere a parole o con una pace pattuita dai belligeranti.
De Benoist: “Le democrazie liberali sono in crisi”
In generale, tuttavia, secondo De Benoist, in tutto il mondo si sta registrando una sempre più evidente “crisi della democrazia liberale, che dovrebbe essere rappresentativa, ma in cui i cittadini si sentono sempre più spesso non rappresentati”. Dietro a questo fenomeno, spiega, si nasconde anche “il graduale declino dei vecchi partiti di governo a favore di nuove formazioni più atipiche, nonché l’ascesa del populismo”.
“Anche l’aumento dell’astensione e la sfiducia nella vecchia classe politica”, specifica De Benoist, “sono conseguenze di questa crisi della democrazia liberale, che si accompagna a una crisi economica e finanziaria, demografica, ecologica, intellettuale e morale“. In questo contesto, tuttavia, secondo il filosofo è ancora possibile affermare un noi collettivo, che non deve essere secondo lui societario, soprattutto contro l’individualismo, non fosse che “le cose si stanno complicando con l’emergere di “comunità” più o meno artificiali, come la comunità LGBT, e di un comunitarismo che non ha più a che fare con lo spirito comunitario, ma rappresenta piuttosto una forma separatista di secessione”, conclude De Benoist, “che contribuisce alla dissoluzione dei legami sociali organici e alla dissoluzione della società politica”.