Domani Giorgia Meloni incontrerà Donald Trump. Le priorità per l'Italia in questa fase non sono necessariamente quelle dell'Ue
Da oggi pomeriggio il presidente del Consiglio italiano sarà in visita negli Stati Uniti e domani si terrà l’incontro con il Presidente Trump. È passata meno di una settimana da un episodio di volatilità finanziaria storico che si è per ora arrestato dopo la decisione di esentare dal pagamento dei dazi le importazioni di elettronica di consumo e poi dei ricambi per auto. Gli investitori hanno per ora deciso che queste novità fanno intravedere un approccio meno intransigente verso la Cina che è sottoposta dai dazi a un embargo.
Le politiche di Trump sono mosse dall’obiettivo di restituire ai lavoratori americani quanto perso in trent’anni di globalizzazione e delocalizzazione e di crescita senza pause dei mercati finanziari. Sono stati anni di compressione dei salari reali e di crescita degli attivi finanziari che hanno, per esempio, reso molto più difficile l’acquisto di una casa.
Il corollario di questa nuova politica è quello che si è visto settimana scorsa quando il principale mercato finanziario globale, con la sua valuta di riserva, si è comportato come quello di un Paese in via di sviluppo. Il tentativo di Trump di ribilanciare l’economia e di generare un circolo virtuoso per i salari comporta rischi. Quelli più ovvi sono il rialzo dei prezzi, per la fine delle importazioni da Paesi a basso costo, e il conseguente rialzo dei tassi, la volatilità finanziaria e la minore attrattività delle obbligazioni statali e del mercato finanziario americano. I capitali e i risparmi diventano scarsi per i prezzi e i tassi che salgono e per l’obiettivo di recuperare tre decenni di mancati investimenti per riportare le catene di fornitura nei confini domestici.
Questa è una premessa necessaria per capire che l’America del 2025 non è più quella del 2024. L'”America first” ha un significato letterale e questa è la parte più immediata dello scenario. Il nuovo paradigma comporta rischi che in parte si sono visti settimana scorsa; controllare il cambio da un mondo basato sulla deflazione e la globalizzazione al suo opposto in modo ordinato non è per nulla facile. È poi in atto una competizione a tutto campo con la Cina dall’esito in certo. Le prime due settimane della guerra commerciale hanno consegnato un’immagine di una Cina stabile mentre l’America assisteva al crollo dei mercati e a una svalutazione del dollaro contro le principali valute superiore al 5%.
Anche ammettendo ogni buona volontà, gli Stati Uniti non sembrano nelle condizioni di poter fare troppo perché il ribilanciamento in atto mette pressione sul mercato interno e sulla società americana. Ci sono però margini di manovra con l’America.
L’Italia arriva a questo appuntamento con un prezzo dell’elettricità più che doppio rispetto a quello del 2019, dopo le sanzioni contro il gas russo, una produzione industriale in calo da 23 mesi consecutivi e deve affrontare la crisi del Mar Rosso che minaccia le sue esportazioni. Due settimane fa si è aggiunta la guerra commerciale che influisce sia sui rapporti con gli Stati Uniti che con la Cina.
Le priorità dell’Italia sono abbassare la bolletta energetica e riguadagnare flessibilità geopolitica dentro e fuori dall’Europa. Anche per l’Italia poi, come per l’America e il resto d’Europa, si pone il problema di finanziare il rimpatrio delle catene produttive. Le forniture di gas americano non saranno mai competitive come quelle russe perché si deve pagare anche il costo di liquefazione e trasporto. Impegni a lungo termine di forniture a prezzo “fisso” possono comunque aiutare. Il contesto rimane però quella dell’America first e della competizione americana con la Cina come priorità.
In questo scenario l’Italia può giocare la propria partita solo se è lucida nel perseguire i propri obiettivi che non sono quelli dell'”Europa”, già divisa su tutto, o di alcun altro.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.