La scrittrice Paola Mastrocola ha pubblicato sulle pagine della Stampa una personale riflessione sugli influencer, sulla scia del ‘pandoro-gate‘ che ha coinvolto Chiara Ferragni. Con quel termine, spiega subito in apertura, si intende “è una persona che, sui social, attraverso le sue virtù (vere o presunte), ‘influenza’ un gran numero di altre persone, e che grazie al numero di costoro che lo seguono” acquisisce un certo successo e, in prospettiva, può anche ricavarne dei guadagni”.
Queste, secondo Mastrocola, le due parole chiave degli influencer: “influenzare e seguire“. Il primo è specchio di quello che è diventato il successo, che “si ottiene grazie alle immagini di se che si mandano in giro. Video e foto dove ci si atteggia e ci si mostra non per come si è, ma per come è più vantaggioso far credere di essere”, insomma, “ci si costruisce in un certo modo apposta per mostrarsi. Quel che va in giro in rete sono eìdola, in greco, dalla radice del verbo vedere, in latino simulacra: fantasmi, statue, ombre. Immagini simili al vero ma non vere“. A fronte di questo, Mastrocola non capisce come si possano attivamente seguire gli influencer, senza rendersi conto che “è tutto finto” e chiedendosi se “ci piacciono i fantasmi, i simulacri, gli idoli”.
Mastrocola: “Smettiamo di seguire gli influencer e riappropriamoci della nostra vita”
La parola magica nel mondo degli influencer, sostiene Mastrocola, è “condivisione. Condividono in diretta amori, figli, ristoranti, genitori, matrimoni, soprammobili di casa, malattie, premi, e performance varie”, salvo inserirvi, talvolta, nel mezzo “l’immagine di un jeans, di una crema antirughe o di un pandoro”. Insomma, altro non sono che “la nuova forma, geniale, della pubblicità” nella quale caschiamo nell’illusione di sentirci “parte della sua vita”, l’utente “compra per assomigliare a lui, e diventa copia di una copia”.
“Il commercio e l’arte di vendere” sono, insomma, secondo Mastrocola, l’essenza stessa degli influencer e, a fronte di questo, la scrittrice invita a lettori a chiedersi “se ci piace davvero tanto esser trattati da consumatori, se vale la pena passare ore a seguire chi ci parla solo per venderci un prodotto” e se “comprare è la nuova, aberrante, forma di provare ammirazione per qualcuno”. Ma chiude il suo ragionamento sugli influencer con una speranza, o forse un invito, ovvero quella di smettere “di guardare la pubblicità e di seguire gli influencer“, smettendo, sottolinea Mastrocola, “di mostrare e postare la nostra vita [per] limitarci a viverla”.