Un integratore alimentare per la cura del long Covid è stato brevettato da un team di ricerca di Israele e Usa: "È utile per il ripristino immunitario"
Un integratore alimentare può aiutare nella cura contro il long Covid, una patologia di cui soffre un paziente su cinque tra quelli che sono stati positivi al virus. A scoprire una formula nutraceutica ad hoc, come riportato da The Jerusalem Post, sono stati gli scienziati dell’Università di Tel Aviv e il dottor Norman Gaylis, degli Stati Uniti, insieme ai colleghi dell’Arthritis & Rheumatic Disease Specialties (AARDS) Long-Haul Clinic di Aventura, in Florida. I risultati del loro studio sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Nutrition.
Sulla base degli ingredienti e dei nutraceutici evidenziati nella ricerca, il dottor Norman Gaylis ha fondato l’azienda di integratori NViroMune e ha collaborato con i ricercatori per trovare una formula, denominata Restore, che possa trattare specificamente i sintomi della patologia. Essi sono variegati: stanchezza, difficoltà di concentrazione, problemi di memoria (a volte indicati come “nebbia cerebrale”), insonnia, difficoltà respiratorie, dolori articolari o muscolari, tosse, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, vertigini, problemi mestruali, alterazioni del gusto/odore.
Integratore alimentare per cura long Covid: la formula
L’integratore alimentare per la cura del long Covid contiene sostanze nutritive e bioestratti vegetali utili al ripristino immunitario necessario dopo essere guariti da un’infezione. Tra gli ingredienti ci sono zinco, vitamina D, quercetina, bromelina, erba di San Giovanni, incenso indiano e beta cariofillene, un cannabinoide CB2 agonista. “I dati raccolti in questo studio dimostrano che esiste una nuova arma per aiutare i pazienti che stanno ancora vivendo complicazioni di salute molto tempo dopo aver contratto il virus”, ha affermato il dottor Norman Gaylis.
I risultati dei test sono entusiasmanti: ogni sintomo segnalato dai 51 pazienti partecipanti è stato alleviato nel 72%-84% dei casi. “Il loro trattamento è ancora in evoluzione all’interno delle comunità sanitarie e mediche e stiamo tutti imparando mentre procediamo. Il nostro team non vede l’ora di ricercare soluzioni più naturali basate sulla scienza e di annunciare ulteriori sviluppi in futuro”, ha concluso.