Intelligenza artificiale: l’opzione privacy avanzata alza il livello di sicurezza nei gruppi WhatsApp e blocca Meta AI limitando l’azione della Community
Catena virale e disinformazione. Avvinghia e contagia, si diffonde a macchia d’olio. Nei gruppi di WhatsApp, il salvatore di turno inoltra un messaggio. Se non si attiva l’impostazione di privacy avanzata, Meta AI – il sistema di intelligenza artificiale della famiglia digitale di cui WhatsApp fa parte – avrà accesso a tutte le conversazioni, risalendo addirittura ai numeri di telefono.
Al mittente messianico, ringraziamenti e reazioni di apprezzamento da parte di tutti. Su ciascuna chat, pollici freneticamente sugli interruttori e la sicurezza di chiudere l’intelligenza artificiale fuori dalla porta.
Serve però fare chiarezza. Se attivare l’opzione di privacy avanzata eleva effettivamente il livello di sicurezza relativo alla chat selezionata, soltanto un punto è direttamente collegato con la supposta infiltrazione di Meta AI.
WhatsApp, infatti, dichiara che attivare le impostazioni avanzate della chat renderà impossibile esportare i messaggi da quella stessa chat, salvare automaticamente foto e video nella galleria, e utilizzare Meta AI all’interno della chat in questione. Detto altrimenti, l’attivazione della privacy avanzata all’interno di una chat di gruppo impedisce l’esportazione della cronologia, blocca il download automatico dei media da parte degli altri e, soprattutto, nega la possibilità che i messaggi della chat vengano usati da Meta AI per generare contenuti, tra cui riassunti dei messaggi non letti – come in effetti avviene già negli USA, secondo quanto reso noto attraverso l’aggiornamento pubblicato il 25 giugno 2025 su WhatsApp Blog.
Quindi, WhatsApp conserva la crittografia end-to-end. Questo significa che i contenuti inviati direttamente agli altri utenti tramite chat, privata o di gruppo, non vengono né elaborati da Meta AI, né tantomeno utilizzati per migliorare LLaMA – il modello di intelligenza artificiale alla sua base.
Meta AI, piuttosto, elabora gli input testuali e multimediali nel momento in cui un singolo utente rivolge direttamente la sua richiesta all’assistente. Come? Interagendo attraverso la chat dedicata, o in alternativa, menzionandolo in una chat con un altro utente.
In questo secondo caso, si elabora una richiesta esplicita menzionando “@Meta AI”. Si chiama così in causa l’assistente virtuale per chiedergli di condividere che tempo farà a Roma tra tre giorni, che ore siano a Bangkok in quel momento, o anche di inventare un quiz a risposta multipla con cui intrattenersi, insieme all’interlocutore.
Per chiudere il cerchio, attivare le impostazioni di privacy avanzata migliora di fatto la privacy all’interno delle chat private e di gruppo, ma non perché si mettano confini all’assistente di WhatsApp, quanto piuttosto alle azioni della sua Community di utenti umani. Altrimenti, se non si gradisce la presenza di Meta AI all’interno di WhatsApp, non si può che ignorarla. Se non la si tollera, la soluzione attuale è disinstallare l’applicazione.
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