Caro Oscar, è ora che ti scriva, dopo una decina di giorni da quando la tua barca è salpata dal porto
di Genova col canto di don Gallo che intonava Bella ciao. Era il 25 aprile, vabbè: la barca, intitolata I Love Barolo e Grana Padano attraccherà a New York il 2 giugno. Tutto bello, tutto simpatico, in linea con l’idea di promuovere quel Made in Italy legato dai punti Eataly, oggi anche a Genova e a New York. Ma poi, in verità non c’è soltanto quello, perché finché parliamo di cibi e di vini possiamo essere in felice accordo (e noi due lo siamo in molti casi, dopo diversi assaggi fatti insieme), quando invece decidi di imbarcare il pensiero di un impegno civile sotto lo slogan di 7 mosse per l’Italia, ammetterai che le cose cambiano. Per commentare i 7 punti, tanto per cominciare, hai scelto una ciurma (non vuol essere irrispettoso: la ciurma è una cosa “popolare” che a te piace tanto) di personalità che danno l’idea di un pensiero unico, o bella ciao!
Insomma l’impressione è che manchi un po’ di sano contraddittorio su quella barcarola. E forse questo è anche il motivo degli esangui commenti ai post che appaiono sul blog del sito che accompagna questa traversata. “Meno politici più politica”, “Smettiamola di giocare alla guerra”, “Per la qualità della vita”… E chi non è d’accordo? “Meno Chiesa più Gesù”, il settimo punto, te potevi invece risparmiare, anche perché suona come un ossimoro, anzi una contraddizione. Se tu
non fossi in mezzo al mare ti avrei invitato a Roma, domenica in piazza san Pietro, in mezzo al popolo (che poi non ha colori esclusivi), a vedere che Chiesa e Gesù sono la stessa cosa, tanto che se si rivendica che la prima sia un di meno, immagino che dopo si sia pronti a decidere (democraticamente s’intende) chi è Gesù. Magari diventa Odifreddi, un altro della ciurma, oppure qualche altro dall’inclinazione salvifica. Vedi, manca il sale, che dà sapore anche a un dialogo. Ieri sera mi hai mandato un sms prima di fare il turno di notte sulla barca, per rispondere tramite la mia “Notizia” quotidiana (www.clubpapillon.it) all’attacco di Rondolino sul Giornale o di Langone su Libero di mercoledì. E ti ho risposto di non aver paura del sale, del contraddittorio, perché non esiste – anche se lo credi – una ricetta giusta per dare una bella scossa all’Italia. C’è solo il dialogo tra persone di buona volontà, cosa in cui tu riesci bene nel privato, un po’ meno bene nel pubblico.
Ora, so che non è opportuno dialogare apertamente con un personaggio che ha denari, ma credimi: una persona che stimo non riesco a blandirla, mi viene il vomito, che non è ne caldo e ne freddo, quasi come certi amabili giornalisti che beneficiano delle tue salvifiche sponsorizzazioni, ma
stanno sottocoperta: neanche un commentino sul blog dei naviganti, via ! Ma hanno fatto così anche con Muccioli, quando gli davano del matto perché faceva il vino per insegnare un metodo ai suoi ragazzi.
Vanno poi a Squisito a San Patrignano, ma se il ministro della Giustizia del defunto governo Prodi fa immediatamente un capziosa ispezione nella Comunità, come accadde nel 2006, nessuno dice beh: ci occupiamo di tagliatelle e vini, cosa dobbiamo dire, anche se hanno sparato sulla nave (?). E’ questo ciò che auspichi? Un mondo intorno a te silente, anemico e qualunquista, che al massimo si diverte nel vederti divertire? Non credo, conoscendoti. Anzi oggi ti ho fatto un regalo: i paraculi saranno i primi a segnalarti questo scritto, e magari qualcuno mi risponderà, subdolamente o anche duramente. Ma così facendo, evviva, magari si incomincia a ragionare non solo sul pensiero unico che va per la maggiore, che ovviamente è democratico se mette le coppie gay sui manifesti, mentre sono retrogradi-fascisti quelli che sbandierano quell’obsoleta cosa che è la famiglia (sic!).
Nella rassegna stampa del tuo sito, poi, pubblica tutti gli articoli che escono, anche quelli più antipatici. Rispondi, polemizza: le idee non sono come un sorso di vino, anche se è Barolo. L’impegno civile è una traversata affascinante, l’hai visto anche tu in questi primi dieci giorni: ci sono gli imprevisti, ci si deve piegare a una realtà che non rende sempre il mare liscio, si deve combattere. E magari anche rimettersi in discussione – o bella ciao – chiedendosi se il modello che portiamo è il relativismo oppure qualcosa di virtuoso che, sempre, ereditiamo da una tradizione.