Salvini vuole carabinieri per garantire sicurezza, Crosetto più soldati e l’inutile (per noi) business delle armi USA vendute all'Ucraina
Le dichiarazioni di Matteo Salvini, per la verità piuttosto nette, sulle ipotesi di riarmo per il nostro Paese hanno suscitato molte critiche. In effetti, la differenza di posizione tra Salvini e Guido Crosetto è decisamente forte e una prima accusa al vicepremier è quella di aver invaso il campo del collega responsabile della Difesa.
Una critica formalmente forse non infondata, ma mi sembra opportuno, da semplice cittadino, che divergenze così importanti siano rese esplicite: al governo c’è una coalizione di partiti ed è giusto che gli elettori sappiano delle posizioni di ciascuno di loro, tanto più su un argomento così rilevante.
Venendo ai contenuti, secondo quanto riportato dai media, Salvini avrebbe in sintesi affermato che, a suo parere, gli investimenti non dovrebbero essere destinati alla difesa dei confini orientali, ma alla sicurezza interna. Il tono si è inasprito quando, a confronto di una possibile futura invasione russa, ha parlato di una invasione già in atto: quella di “un’orda di clandestini”.
Posizione molto netta, come detto, ma credo che molti italiani si trovino d’accordo sulle sue proposte alternative al riarmo: “assumiamo dei carabinieri, mettiamo i militari sui treni, fuori dalle scuole dove vendono droga ai nostri figli”.
Lo scontro è diventato concreto sull’operazione “Strade sicure”, che vede impegnati 6.800 militari a supporto delle forze di polizia. La Lega vorrebbe potenziare questo programma, mentre Crosetto vorrebbe riportare i militari in caserma. Il ministro della Difesa ha illustrato un progetto, condivisibile a mio parere, di efficientamento delle nostre Forze armate, ma francamente non mi sembra che la nostra capacità di difesa sia compromessa da alcune migliaia di militari dislocati a servizi di sicurezza.
Secondo il ministro le nostre Forze armate dovrebbero essere portate a 200mila effettivi, dagli attuali 170mila unità, e cita la Germania con i suoi 280mila militari. In effetti, avremmo così lo stesso peso numerico sulla popolazione, tuttavia il fuoco non dovrebbe essere tanto sulla quantità, quanto sulla qualità.
Il problema, di cui il ministro sembra ben cosciente, è quello di allineare la capacità di difesa alle nuove modalità di conduzione della guerra, quindi un problema di equipaggiamenti non obsoleti e di addestramento dei nostri militari. E di effettiva ed efficace cooperazione con gli altri eserciti NATO, la cui responsabilità Donald Trump ha chiaramente lasciato ai membri europei. Forse accusandoli di non avergli consentito di tener fede alla sua azzardata dichiarazione di finire, se eletto, la guerra in Ucraina in 24 ore.
Riferendosi all’Ucraina, Salvini ha anche dichiarato: “Più armi produciamo e inviamo più la guerra va avanti”. E ha continuato: “Da ministro delle Infrastrutture non vedo l’ora di portare le aziende italiane in Ucraina per la ricostruzione. Ma posso ricostruire quando smettono di spararsi”. Innegabile realismo, anche se può suonare male a molte orecchie.
Il risultato è stato, però, l’annullamento della programmata visita di Crosetto al Dipartimento della Difesa Usa, in cui si sarebbe probabilmente discusso dell’adesione italiana al “Prioritized Ukraine Requirements List” (PURL), il programma che prevede che i Paesi membri della NATO acquistino armi ed equipaggiamenti militari, preferibilmente dagli Usa, per poi inviarli all’Ucraina.
In altri termini, oltre il fatto che già ora più del 50% dei nostri armamenti li compriamo in USA, ora dovremmo pagare anche quelli da inviare all’Ucraina, nella sua disperata e ormai persa guerra.
Ancora una volta: business is business, c’è sempre tempo per pensare al resto.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.