Sette anni fa era stata trovata priva di sensi in casa sua. Joni Mitchell aveva 71 anni, era stata colpita da un aneurisma cerebrale e era rimasta priva di coscienza per un paio di giorni prima della drammatica scoperta. Ricoverata in ospedale, la leggendaria cantautrice canadese si era ripresa, ma da allora vive in condizioni di quasi reclusa, su una sedia a rotelle, il fisico fortemente debilitato. Ma non è stata abbandonata. Amici vecchi e nuovi, ex amanti, vanno spesso a trovarla nella sua abitazione di Los Angeles, da Graham Nash che con lei visse una profonda storia d’amore che fruttò a entrambi alcune delle loro migliori canzoni d’amore (Our House, Willie) a giovanissimi talenti della nuova musica d’autore. Sono nate così quelle che sono state soprannominate le “Joni Jams” (“Nessuno unisce i cantanti folk come l’umiltà di provare una nuova canzone davanti a Joni Mitchell”, ha detto Brendie Carlile), momenti informali a casa sua dove come ai vecchi tempi della musica folk ci si scambia la chitarra uno con l’altro e così le canzoni.
Su tutti, a starle più vicine Brandi Carlile, astro della nuova musica d’autore americana. Ed è stata lei a creare un evento che nessuno poteva immaginare. Un paio di giorni fa, sul palco del prestigioso Newport Folk Festival, lo stesso che vide esibirsi negli anni 60 gli idoli di una generazione, da Bob Dylan a Joan Baez, sul palco sono apparse alcune eleganti poltrone e una dozzina di musicisti si sono radunati intorno. Poi, accompagnata da Brandi Carlile , è apparsa lei, Joni Mitchell. Incredibilmente, per la prima volta in circa vent’anni su un palco, ma soprattutto dopo l’aneurisma cerebrale che l’aveva colpita, la cantautrice è riuscita a esibirsi. Ha cantato seduta su una regale poltrona per quasi un’ora alcune delle sue più grandi composizioni, come A case of you, Both sides now, Big yellow taxi. Ad accompagnarla in modo discreto e commosso Allison Russell, Jess Wolfe e Holly Laessig, Blake Mills, Taylor Goldsmith, Marcus Mumford e Wynonna Judd. Il pubblico è impazzito e le lacrime si sono consumate fra gli spettatori e i cantanti sul palco. L’unica serena era Joni Mitchell come ha commentato Brandi Carlile: “L’unica persona non nervosa qui sul palco è Joni” aggiungendo “Questa scena sarà d’ora in poi conosciuta per sempre come la Joni Jam!”.
La cantautrice si è esibita per la prima volta a Newport dal 1967 quando aveva solo 23 anni ed era a inizio carriera. Ma soprattutto ha stupito anche il mondo della scienza che ha commentato “E’ un miracolo inspiegabile come abbia potuto farla”. La voce, quella di una donna di 78 anni, non è ovviamente quella squillante e acuta di una volta, ma ha guadagnato in eleganza, come una cantante jazz, vellutata e soffice. Poi nel finale si è anche alzata in piedi e si è esibita in un lungo assolo di chitarra nel suo stile unico e inimitabile.
Ha anche cantato ovviamente Circle game, uno dei suoi pezzi più noti, che racconta l’andamento ciclico della vita, dalla gioventù alla vecchiaia. E in quel momento tutto è stato chiaro, si è avuta la percezione che razza di evento si stava compiendo: “And the seasons, they go round and round And the painted ponies go up and down We’re captive on the carousel of time We can’t return, we can only look Behind, from where we came And go round and round and round, in the circle game“.
Il giorno prima infatti sullo stesso palco si era esibito un altro artista anche lui oggi anziano, impegnato nel suo tour di addio, un’altra leggenda della musica degli anni 60 e 70, Paul Simon. Era in programma un tributo alle sue canzoni guidato da Nathaniel Rateliff & The Night Sweats quando a un certo punto è apparso lui. Accompagnato da Jerry Douglas, Lucius, Lukas Nelson e Rhiannon Giddens, tutta gente che non era neanche nata quando lui componeva i suoi capolavori. Ha eseguito brani immortali come American tune, The Boxer, Sound of silente. Ed è allora che “the circle game” si è compiuto: un cerchio, un anello fatto di bellezza e gratitudine, tra giovani e anziani, il riconoscimento di emozioni uniche, il passaggio della torcia dell’arte. In un mondo che musicalmente è sempre più decadente, privo di stimoli, di immaginazione, di senso della bellezza, si è assistito alla consacrazione del mistero e della grandezza di cui siamo stati fortunati testimoni, noi che oggi abbiamo una certa età. La domanda è ovviamente: dove cadrà tutta questa bellezza? Verrà salvaguardata o scomparirà con questi artisti? I giovani che hanno circondato la Mitchell e Simon sembrano di dirci che tutta questa bellezza non andrà perduta.
Su quel palco abbiamo visto sorrisi e lacrime, abbiamo assistito alla vita umana che si impone quando è mezzo di comunicazione dell’oltre. Da quel festival di Newport cinquant’anni fa era nato tutto, la canzone d’autore che ha cambiato più generazioni, la società e il mondo e tutto è ritornato lì dove era cominciato. E’ la vera ripartenza di cui si è tanto parlato dopo la pandemia? Se sapremo custodire nel cuore la bellezza, forse sì.