In pochissimi giorni il dibattito sulla manovra 2024 presentata dal Governo si è fatto molto intenso, in Parlamento, tra i partiti, sui media, con i rappresentanti delle forze sociali, e la convergenza non sembra facile. Anche perché la manovra approvata a fine 2022 non poteva essere intestata integralmente al Governo Meloni (insediatosi solo dal 22 ottobre 2022); ma questa è davvero la prima manovra integralmente “made in Governo Meloni”, e quindi le aspettative erano alte.
Era questa la manovra in cui mettere alla prova la vera “differenza” tra questo e i Governi precedenti, più o meno tecnici o politici. Invece le ambizioni di questa manovra escono fortemente ridimensionate, da vincoli di bilancio che si sono confermati nuovamente invincibili, per le conseguenze della pandemia e della guerra russo-ucraina, con conseguente picco dell’inflazione e previsioni di sviluppo economico molto meno floride del previsto. E un costo del debito pubblico che risulta drammaticamente risalito a 100 miliardi, bruciando in modo improduttivo risorse che avrebbero potuto invece sostenere maggiori investimenti in scuola, sanità, giustizia, e magari anche le politiche familiari.
A fronte di questi vincoli, il più volte ribadito impegno a favore di politiche familiari e di sostegno alla natalità organiche, di lungo periodo e consistenti può essere valutato in termini ambivalenti. Da un lato, il miliardo di euro dedicato a specifici interventi a sostegno delle famiglie e della natalità può essere considerato un buon risultato, su una manovra di circa 24 miliardi: rafforzamento dell’Assegno unico per il terzo figlio, sostegno alla frequenza agli asili nido, qualche risorsa in più per i congedi parentali, supporto alle lavoratrici madri con decontribuzione previdenziale sono tutte misure giuste, intercettano bisogni reali delle famiglie con figli, e sono anche coerentemente orientate a promuovere la natalità, sostenendo le rette degli asili nido dal secondo figlio, e pagando i contributi previdenziali delle lavoratrici in modo più rilevante in presenza di più figli. Tuttavia, si tratta di misure che per quantità e tipologia in ultima analisi possono essere considerate non un grande piano strategico su una priorità essenziale, ma come piccoli interventi di aggiustamento: nella giusta direzione, ma pianin pianino.
Certo altre misure, non specificamente familiari, sosterranno in modo significativo le famiglie: l’intervento sul cuneo fiscale lascerà nelle tasche delle famiglie con redditi più bassi risorse reali (pur senza essere modulato secondo i carichi familiari), gli incentivi per l’assunzione di donne e giovani generano un oggettivo beneficio per tante famiglie, e ci pare anche molto interessante l’intervento sul welfare aziendale, dove la cifra esente da tasse per oggi lavoratore varia in presenza di figli: gli interventi di welfare aziendale saranno defiscalizzati fino a mille euro per ogni lavoratore, ma in presenza di figli questa soglia sale fino a duemila euro. Finalmente “la famiglia fa la differenza” – pur in un intervento circoscritto, e soprattutto non universalistico, essendo totalmente a discrezione del contesto aziendale.
In sintesi, quest’anno per le famiglie una manovra in chiaroscuro: la direzione è quella giusta, e anche la scelta di sostenere diversi strumenti appare virtuosa; ma resta ancora qualche zona d’ombra, sia rispetto alla quantità di risorse, sia rispetto ai tempi delle reali urgenze di tante famiglie. Se poi si fa attenzione all’emergenza natalità e alle sue urgenze, tempi e risorse sono davvero lontani dall’essere adeguati!
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