Da “Paese Sera”, 25 gennaio 1979: “(…) il gruppetto di giovani venuto al Palasport non per il concerto ma per provocare incidenti ha continuato ad urlare all’indirizzo di De André: ‘venduto, venduto! Scemo, scemo! Bussola, Bussola!’ (la Bussola è il noto locale della Versilia dove De André, ben pagato, ha ricominciato ad esibirsi in pubblico)”. Questa la cronaca dell’epoca del quotidiano romano, testata di riferimento dell’area comunista italiana di allora, riguardo al concerto che si era svolto un paio di sere prima al Teatro dello Sport di Roma, tappa nella capitale del tour di Fabrizio De André accompagnato dagli arrangiamenti rock della Premiata Forneria Marconi, che diventeranno un marchio di fabbrica per gli anni a venire nella carriera del cantautore ligure.
Proprio in quel gennaio, le esibizioni di Firenze e Bologna vennero registrate per essere incise su vinile ed arrivare nei negozi di dischi nei mesi primaverili di quello stesso anno, mentre il giro dei concerti era ancora in pieno svolgimento.
In quel 1979, esattamente 45 anni fa, fummo testimoni di un avvenimento inedito nella storia della discografia del nostro Paese: per la prima volta venivano pubblicati ufficialmente per poi andare speditamente nelle zone alte delle classifiche di vendita due album live che rimarranno pietre angolari del pop rock nostrano: “Fabrizio De André in concerto. Arrangiamenti PFM” e “Banana Republic” dell’estemporaneo duo Lucio Dalla/Francesco De Gregori.
Negli scaffali dei negozi noi appassionati ventenni “baby boomer” trovavamo, tra gli altri, i vinili di “Woodstock” (1970) “Live at Leeds” degli Who (1970), “4 way street” di Crosby, Stills, Nash & Young (1971), il monumentale “The last waltz” di The band (1978), ma agli artisti italiani, fino a quel fatidico anno non era stata data la possibilità di vantare un album live pubblicato dalle rispettive case discografiche di appartenenza.
Per la verità, in quegli anni, riuscire ad organizzare una serie di concerti con tanto di biglietto d’ingresso a pagamento poteva risultare alquanto pericoloso, anche per gli artisti giovani ed emergenti. Intorno alla metà del decennio l’azione sempre più invasiva dei gruppi dell’Autonomia extraparlamentare dell’estrema sinistra, sostenitori dell’autoriduzione sui costi dei biglietti dei concerti, gridando slogan con la pretesa di veri e propri diritti proletari, fu occasione di scontri fisici e devastazioni, violente contestazioni, con vittime ‘morali’ gli stessi artisti che, pur riconoscendosi nella stessa area culturale della sinistra politica, quella più istituzionale, venivano accusati di essere nemici del popolo per il solo fatto di far pagare la propria esibizione per un normale concerto.
Accadde a De Gregori (con tanto di processo in camerino) durante un suo concerto a Milano. Accadde a Fabrizio De André, già diffidato per avere accettato una serie di concerti, con un buon cachet, nel 1975, tenuti nel tempio del divertimento della borghesia italiana: “La Bussola” di Viareggio.
E così, visto l’ordine pubblico messo drammaticamente in discussione, arene e palazzetti soffrivano il deserto della musica. Anche i gruppi rock stranieri decidevano di soprassedere a passaggi live nelle piazze italiane. Resistevano solo ‘isole’ fortemente identitarie come, appunto “La Bussola” e l’area anarco/hippy che organizzava i Festival di Re Nudo nel Parco Lambro di Milano, fucina di una schiera di rockettari alternativi al sistema, che anni dopo troveremo ben inseriti nei cataloghi delle major discografiche.
Ma il 1979, come ricordavamo, sarà l’anno della svolta e toccherà al più “invisibile” dei cantautori rompere il ghiaccio e quello strano “cul de sac” tra l’attività live e la produzione discografica.
“Stuzzicato” dai musicisti della più importante band di rock pro’ italiana, la PFM, invece di limitarsi a concentrare il suo lavoro creativo alle sole registrazioni da studio (nell’estate del 1978 aveva licenziato l’album “Rimini”) per poi volersi dedicare alla cura degli allevamenti nel suo podere in Sardegna, De André si imbarca nell’impresa di girare l’Italia con il suo repertorio, fatto originariamente di ballate acustiche, completamente stravolto dagli arrangiamenti elettrici e decisamente rock di Di Cioccio, Mussida, Colombo & company. Sarà una vera sorpresa per i fan del cantautore ligure e altrettanto sconcerto, un po’ come accadde a Bob Dylan sul palco del Newport Folk Festival nel 1965, per il suo “tradimento” elettrico a scapito del folk acustico.
In una intervista alla rivista “Nuovo Sound” nel gennaio d’inizio tour Franz Di Cioccio svela la “filosofia” del live: “Non è la Premiata e Fabrizio De André, ci sono gli strumentisti della Premiata più due collaboratori: Roberto Colombo e Lucio Fabbri. È un bel cast di musicisti che cerca di fare un lavoro diverso, che nessuno ha mai fatto, e se l’album che ne verrà fuori stabilirà che il cantautore è meglio si canti le sue cose dal vivo, sarà probabilmente un esempio seguito. Perché dal vivo ti esprimi sempre meglio”. Profetico! Continua Di Cioccio: “L’idea iniziale della tournée è stata che in Italia nessun cantautore ha mai fatto album dal vivo, mentre è questo il miglior momento per arrivare a contatto con il tuo pubblico”. Nella stessa intervista De André chiosa: “Continuo ad avere 38 anni ed a pensare che tutto sommato adesso il mio mestiere sia quello di fare l’agricoltore (…) Comunque data l’occasione di riesumare pezzi seppelliti da anni e farli diventare delle cose nuove, sono stato preso per la gola”.
Infatti gli arrangiamenti sono travolgenti, in qualche modo rivoluzionari: pietre miliari del repertorio di De André come “Bocca di rosa”, “Un giudice”, “La guerra di Piero”, “Il testamento di Tito”, soprattutto “Il pescatore” rivivono scintillanti nella nuova veste dalle mille sfumature tra il country elettrico e le atmosfere pop di marca anglosassone, con gran divertimento del cantautore che sta al gioco, tanto da imporre alla sua casa discografica, di immortalare l’avvenimento, finalmente con la pubblicazione di un album live.
E per essere uno dei primissimi live su vinile si avvale di un missaggio straordinariamente equilibrato, forse troppo! Il suono è levigato, morbido, non sembra documentare un concerto, anzi, sembra un prodotto da studio. La tensione genialmente inedita rock degli arrangiamenti si perde per strada e nonostante il grande successo di vendite (non poteva essere diversamente) emerge più di una perplessità, ma queste sfumature, pignolerie, saranno sommerse dall’accoglienza trionfale dei divertiti ascoltatori.
Alla novità discografica, si sovrapporrà in quell’agosto la cronaca nera: De André e la compagna Dori Ghezzi saranno vittime in terra sarda di un sequestro a scopo di estorsione che si risolverà positivamente con la loro liberazione nel dicembre dello stesso anno. Per festeggiare, la Ricordi dopo pochi mesi pubblicherà un secondo album live (il resto del concerto non pubblicato nel primo disco) nella collana economica “Orizzonte”.
Di quella tournée storica, nel 2020, un docufilm, grazie ad un ritrovamento di una registrazione video dell’epoca, ricostruisce la genesi e la preparazione dei brani e soprattutto l’intero concerto del 3 gennaio 1979 tenuto a Genova dove, finalmente, si fa giustizia del suono grezzo e “aggressivo” voluto dai musicisti della PFM.
Ma, in quegli stessi giorni, bolliva in pentola un’altra sorpresa che libererà definitivamente tutto il potenziale organizzativo e creativo del mondo dei cantautori, decisi finalmente a rompere le catene delle proteste dei gruppi violenti e dare il via ad una stagione di riavvicinamento fisico con il popolo dei fans, desiderosi di riappropriarsi della gioia della musica live dei loro beniamini.
Parte il tour di “Banana Republic” con protagonisti Lucio Dalla e Francesco De Gregori: un’altra intrigante storia che racconteremo nella prossima puntata.
(1- continua)
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