LAVORO E POLITICA/ Le proposte portoghesi per l’Ue che interrogano l’Italia
Da pochi giorni il Portogallo è Presidente di turno dell’Ue e ha presentato un programma di cui l’Italia dovrà tenere conto

Un vecchio adagio sosteneva, a ragione, che l’Epifania portasse via tutte le feste. In effetti era così, almeno fino allo scorso anno, tanto che il 7 gennaio, in tempi normali, tutte le scuole riaprivano addirittura senza didattica a distanza.
L’Epifania è anche il giorno in cui tradizionalmente la vecchia e brutta Befana porta, a tutti bambini, la calza con i dolci o un po’ di carbone se questi sono stati cattivi. Cosa avrà trovato nella sua calza il nostro Premier Giuseppe Conte alla fine di questo periodo di feste, perlomeno atipiche, per la politica e il suo Governo?
Sicuramente qualche specialità portoghese visto che dal primo gennaio Lisbona è la “capitale” d’Europa per i prossimi mesi essendo, proprio il Paese lusitano, presidente di turno dell’Unione europea. Resta da capire se questi doni saranno dolci o carbone per il nostro esecutivo.
Il documento programmatico del Governo socialista di Antonio Costa parte da una constatazione: è oggi il tempo per ottenere, tutti insieme, una ripresa equa, verde e digitale. Si indicano poi alcune ricette per raggiungere quest’ambizioso obiettivo visto anche i difficili tempi che stiamo vivendo.
In un’ottica paradossalmente “sovranista” si propone di ridurre la dipendenza esterna (vedi alla voce Cina) dell’Unione dai beni e dalle tecnologie critiche, investendo nell’innovazione e migliorando la sicurezza alimentare.
Nella stessa prospettiva Lisbona suggerisce di difendere l’autonomia dell’Europa sviluppando una strategia industriale dinamica, che promuova le catene del valore continentali e presti una particolare attenzione al rafforzamento delle piccole e medie imprese e dei settori più colpiti dalla crisi.
Il Portogallo intende poi, nei prossimi sei mesi, promuovere un dibattito sulla responsabilizzazione dei cittadini con riferimento alla dimensione digitale delle nostre vite, sul futuro del lavoro e del lavoro dignitoso, salari minimi adeguati e sullo sviluppo delle qualifiche e delle competenze adeguate per un’economia digitale e moderna.
A che punto è su questi temi il dibattito politico, ma non solo, nel nostro Paese? Quali proposte concrete su queste questioni cruciali per il presente, e il futuro, dell’Italia saranno nel “Recovery Plan” ancora in progress?
L’auspicio è che già nelle prossime settimane l’esecutivo sia in grado di dare risposte di buon senso all’Europa, ai mercati, ma, prima di tutto, ai cittadini e alle imprese che operano nel nostro Paese. Se non vi riuscirà il rischio è che, oltre a tanto carbone, nella calza di Giuseppe Conte si prospettino regali ben poco dolci, e poco graditi, in particolare per i giovani e per le fasce più deboli delle nostre comunità per molti anni a venire.
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