Dai dati Istat aggiornati della piattaforma Noi Italia emergono elementi interessanti su mercato del lavoro ed educazione

Istat ha pubblicato mercoledì l’aggiornamento della piattaforma web Noi Italia, 100 statistiche per capire il Paese.

Le sezioni su mercato del lavoro ed educazione consentono di capire come si posiziona l’Italia in Europa. L’analisi dei dati più recenti rivela un quadro dove segnali di graduale miglioramento fanno emergere comunque elementi di preoccupazione.



Il posizionamento europeo: luci e ombre

Il confronto con gli standard europei colloca l’Italia in una posizione di difficoltà relativa rispetto ai principali indicatori del mercato del lavoro. La performance italiana si caratterizza per tassi di occupazione inferiori alla media Ue-27, particolarmente evidenti nelle fasce d’età centrali e in quelle prossime al pensionamento.



Solo una cifra per tutte: il valore “record” del tasso di occupazione fra 20 e 64 anni nel 2023 era al 66,3% per l’Italia, Paese con l’indice più basso in assoluto, con una media europea al 75,3%. E non si tratta solo di posizione geografica: tutta l’Europa del sud fa meglio, con il Portogallo al 78% e Malta all’81,3%.
Il tasso di disoccupazione giovanile mantiene livelli alti, e conferma le difficoltà nell’inserimento lavorativo delle nuove generazioni.

La presenza significativa di contratti a tempo determinato evidenzia la persistente precarietà del mercato del lavoro, mentre la diffusione del lavoro a tempo parziale riflette sia esigenze di flessibilità, sia, talvolta, la necessità di adattarsi a un contesto economico caratterizzato da incertezza.



Il peso dell’economia sommersa

L’analisi del fenomeno dell’occupazione irregolare rivela dimensioni considerevoli che incidono significativamente sulla struttura produttiva italiana. Nel triennio 2020-2022 si registra un trend di graduale riduzione: dal 10,5% del 2020 al 9,7% del 2022, testimoniando un lento ma costante processo di emersione.

La distribuzione settoriale dell’irregolarità presenta grandi differenze. L’agricoltura mantiene il primato negativo con oltre il 20% di occupazione irregolare nel 2022, seguita dalle costruzioni (11,3%) e dai servizi (10,2%). L’industria in senso stretto evidenzia livelli relativamente contenuti (4,6%), suggerendo una maggiore capacità di controllo e regolarizzazione.

Questi dati rivelano la presenza di un dualismo che penalizza settori tradizionalmente caratterizzati da alta intensità di manodopera e bassa qualificazione, limitando le possibilità di crescita della produttività e della competitività.

Il deficit educativo e le sue implicazioni

Il sistema educativo italiano presenta criticità che si riflettono direttamente sulle performance del mercato del lavoro. La quota di giovani 25-34enni con istruzione terziaria rimane inferiore alle medie europee, evidenziando un gap formativo che compromette la capacità del Paese di competere nei settori ad alto valore aggiunto.

Parallelamente, persistono tassi elevati di abbandono scolastico precoce e una quota significativa di giovani che non lavorano e non studiano (Neet), fenomeni che alimentano l’esclusione sociale e riducono il capitale umano disponibile.

La spesa pubblica per istruzione e formazione, pur registrando investimenti crescenti, è al 3,9% del Pil contro la media Ue del 4,7%. Non si riesce ancora a colmare il divario con i Paesi europei più avanzati, limitando le possibilità delle persone e del sistema produttivo.

L’intreccio perverso tra irregolarità e bassa istruzione

L’analisi attenta mostra un circolo vizioso che perpetua le debolezze strutturali del mercato del lavoro italiano. La concentrazione dell’occupazione irregolare nei settori a bassa qualificazione si alimenta della disponibilità di manodopera con livelli educativi limitati, mentre le opportunità lavorative sommerse disincentivano l’investimento in formazione.

Questo meccanismo genera un equilibrio verso il basso caratterizzato da bassa produttività, ridotta innovazione e scarsa capacità di adattamento alle trasformazioni tecnologiche. La presenza di un ampio bacino di lavoratori irregolari, prevalentemente concentrati nei settori tradizionali, ostacola la transizione verso un’economia ad alta produttività e limita le possibilità di crescita sostenibile.

La necessità di spezzare questo nesso causale rappresenta una delle sfide più urgenti per le politiche pubbliche, richiedendo interventi operativi su fronti diversi: educativo, normativo e di controllo.

Prospettive di intervento

Il superamento delle difficoltà che emergono dai dati richiede modernizzazione del sistema educativo, rafforzamento dei controlli sul lavoro irregolare e miglioramento di politiche attive che favoriscano lo spostamento dei lavoratori verso settori che chiedono lavoro qualificato.

Solo attraverso politiche integrate (o almeno coordinate) sarà possibile colmare le differenze con i valori dei Paesi più vicino e allineare il mercato del lavoro italiano almeno alle medie europee. Insomma sarà possibile tornare a una crescita economica sostenibile e inclusiva.

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